L’intelligenza artificiale sta trasformando il nostro modo di apprendere e ricordare, suscitando degli interrogativi sul suo impatto a lungo termine. Concetti come amnesia digitale, ovvero la tendenza a dimenticare informazioni affidandole ai dispositivi, e il brain rot, fenomeno legato allo scrolling compulsivo sui social, stanno diventando sempre più discussi.
L’AI generativa come ChatGPT, sta sostituendo progressivamente i motori di ricerca tradizionali, influenzando non solo il modo in cui reperiamo le informazioni, ma anche come le immagazziniamo e ricordiamo. Alcuni esperti temono che l’eccessiva dipendenza da questi strumenti possa ridurre l’attività cognitiva, favorendo una sorta di pigrizia mentale e persino la formazione di falsi ricordi. Un esempio emblematico è l’uso dei Deadbot, avatar digitali di persone scomparse, che potrebbero rielaborare il passato con contenuti mai esistiti, alterando la percezione dei ricordi. Anche funzioni come quelle di Google Photos, che organizza automaticamente immagini e momenti significativi, potrebbero inconsapevolmente modellare la nostra memoria autobiografica.
Tuttavia, l’esternalizzazione della memoria non è un fenomeno nuovo: dalla scrittura fino agli smartphone, la tecnologia ha sempre supportato la conservazione delle informazioni. Il problema attuale è l’eccessiva delega alla tecnologia, che porta al cosiddetto scarico cognitivo: sapendo che possiamo accedere facilmente ai dati, tendiamo a non memorizzarli. Questo processo, noto come memoria transattiva, ci fa sentire padroni delle informazioni anche quando in realtà non le abbiamo interiorizzate.
L’elemento critico è che l’AI non solo facilita l’accesso alla conoscenza, ma può anche generare risposte errate o fuorvianti. Se le persone non sviluppano un adeguato pensiero critico, il rischio è quello di una progressiva perdita di capacità analitiche, con effetti particolarmente preoccupanti per studenti e giovani in fase di apprendimento.
L’intelligenza artificiale rappresenta dunque un’opportunità e una sfida: da un lato, semplifica l’accesso alle informazioni; dall’altro, potrebbe modificare profondamente il nostro rapporto con la memoria. Il futuro dipenderà dall’uso che scegliamo di farne.
F.C.
Diritto dell’informazione
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