Dopo anni di braccio di ferro tra Stati e colossi del web sembra che il 2020 possa rivelarsi l’anno della definitiva entrata in vigore della web tax. Il Ministro dell’Economia, Roberto Gualtieri ha annunciato che la misura verrà introdotta il primo gennaio 2020, anche se in verità era già presente nella manovra dell’anno scorso. E’ previsto il prelievo del 3% per le imprese con ricavi ovunque realizzati non inferiori a 750 milioni e ricavi derivanti da servizi digitali non inferiori a 5,5 milioni. La nuova tassa verrà applicata alla pubblicità mirata agli utenti, alla fornitura di beni e servizi venduti su piattaforme digitali e alla trasmissione di dati degli utenti e generati dall’utilizzo di un’interfaccia digitale. Il prelievo riguarderà solo le transazioni tra aziende, anche piccole e medie, il che potrebbe in qualche modo penalizzare l’economia digitale.
Diventa tuttavia complicato applicare la nuova tassa in mancanza delle regole attuative che i Ministeri competenti (Tesoro e Sviluppo economico), le Authority (Comunicazioni e Privacy) e Agid avrebbero dovuto emanare già mesi fa. In verità la loro inerzia si giustificava con la necessità di attendere le decisioni Ue in materia, che però non ci sono ancora. In effetti, sarebbe molto meglio affrontare il problema su scala continentale anziché nazionale, considerata la natura universale e sovranazionale della Rete.
Ora però l’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico (Ocse) ha proposto due diversi tipi di web tax. Il primo consiste nella tassazione di una quota degli utili globali delle aziende multinazionali del digitale che si rivolgono direttamente ai consumatori, ad esempio Google, Amazon, Facebook e Apple. Il secondo si rivolge alle economie emergenti, nelle quali le multinazionali non hanno una sede fisica, pur vendendo li’ i loro prodotti e servizi. In questo caso la tassazione riguarderebbe le attività di distribuzione dei prodotti, considerando una quota minima di guadagno realizzato su ogni mercato. Si parla anche della possibilità che l’Ocse avanzi una proposta su un’aliquota minima di web tax a prescindere dai guadagni, ma l’ipotesi non è confermata.
Sono in molti a ritenere che la nuova tassa sul web potrà contribuire a riequilibrare la filiera di produzione e distribuzione dei contenuti on line.