Cloudflare, società statunitense di content delivery network e fornitore di servizi di hosting, dovrà bloccare l’accesso degli utenti italiani a tre siti accusati di violare i diritti d’autore. Per la prima volta in Italia un giudice colpisce il fornitore di servizi Dns e non direttamente i siti responsabili della diffusione gratuita dei contenuti protetti da copyright.
La società di San Francisco è uno dei più conosciuti fornitori di Domain name system (Dns), cioè quel sistema che traduce gli indirizzi web dei siti, che tutti conosciamo come indirizzi Ip numerici, utilizzati per identificare le pagine web. Per semplificare possiamo immaginare il sistema Dns come una sorta di elenco telefonico che permette di trovare un sito partendo dal suo nome, invece che dal suo indirizzo Ip, molto più lungo e difficile da ricordare, e traduce il primo nel secondo.
I Dns di Cloudflare sono noti per la loro velocità, un’elevata protezione della privacy e la loro capacità di visualizzare i siti oscurati da alcuni provider, come appunto quelli bloccati in Italia dall’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni (Agcom), in caso di presunte violazioni di copyright.
Per questi servizi, Cloudflare è già stata protagonista di un’azione giudiziaria per violazione del diritto d’autore. A febbraio 2022 infatti, sempre il tribunale di Milano aveva intimato all’azienda di interrompere i servizi resi ad alcuni gestori di servizi Iptv illegali, che trasmettevano eventi sportivi in streaming senza autorizzazione. In quel caso però, il tribunale delle imprese di Roma aveva rigettato tutte le domande delle società ricorrenti contro Cloudflare, perché, secondo i giudici, la società non aveva alcun obbligo di sorveglianza sui contenuti, in qualità di intermediario internet e fornitore di Dns.
Invece, l’ordinanza del 18 luglio 2022 riguarda proprio l’uso del Dns pubblico fornito da Cloudflare, attraverso il quale i siti incriminati sono in grado di aggirare i blocchi imposti dall’Agcom.
La sentenza è stata preceduta da un’istanza davanti all’Agcom, presentata dalla Federazione contro la pirateria musicale e multimediale (Fpm) e della Federazione industria musicale italiana (Fimi), per chiedere la disabilitazione dell’accesso ad alcuni siti di Torrent. Nonostante la delibera a favore di Fpm e Fimi, con il conseguente ordine ai provider di servizi di disabilitare i siti incriminati per gli utenti italiani, Cloudflare non ha agito in modo da conformarsi alle disposizioni dell’autorità e per questo è intervenuto il tribunale milanese.
Accogliendo l’azione legale di Sony music Italia, Universal music Italia e Warner music Italia, coordinate dall’International federation of the phonographic industry (Ifpi), cioè l’organizzazione che rappresenta gli interessi dell’industria discografica a livello mondiale, il giudice ha dato a Cloudflare 30 giorni di tempo per impedire agli utenti di accedere ai siti identificati tramite il suo servizio Dns pubblico. Il mancato rispetto di tale termine comporterà una sanzione giornaliera di 10mila euro. Cloudflare è inoltre tenuta a bloccare eventuali domini futuri da cui questi siti potrebbero operare.