L’esecutivo Ue ha inviato pareri motivati a Belgio, Bulgaria, Cipro, Danimarca, Grecia, Francia, Lettonia, Polonia, Portogallo, Slovenia, Slovacchia, Finlandia e Svezia richiamandoli per non aver implementato la direttiva sul copyright nella loro legislazione nazionale.
I pareri motivati sono comunicazioni formali della Commissione in cui si afferma che un paese non sta adempiendo ai propri doveri ai sensi del diritto dell’Ue e fungono da invito ufficiale a conformarsi.
La direttiva sul copyright del 2019 ha riformato la legge sul diritto d’autore dell’Ue nel contesto dell’ascesa delle principali piattaforme online. Ad aprile 2022, la legislazione era stata recepita da 12 Stati membri, di cui solo tre – Germania, Ungheria e Paesi Bassi – sono riusciti a farlo entro la scadenza del 7 giugno 2021, mentre Malta si è aggiunta poco dopo.
Nel luglio 2021, la Commissione ha avviato una procedura d’infrazione contro i restanti 23 Stati, chiedendo informazioni sui loro piani di attuazione. I progressi nell’introduzione dell’iniziativa nelle legislazioni nazionali sono stati molto diversi da Paese a Paese.
Alcuni Stati (Bulgaria, Cipro, Grecia, Irlanda, Lettonia, Polonia, Portogallo, Slovenia, Slovacchia e Finlandia) il 20 maggio 2022 hanno ricevuto un parere motivato per il mancato recepimento di una direttiva del 2019 sui diritti d’autore per le trasmissioni online di programmi radiotelevisivi. In risposta, entro i prossimi due mesi, gli Stati dovranno comunicare alla Commissione le misure che stanno adottando per risolvere il problema e in caso di mancata soluzione la Commissione può deferire il caso alla Corte di giustizia dell’Ue.
La direttiva del 2019 si è rivelata controversa fin dalla sua introduzione, in parte a causa delle battaglie tra editori e piattaforme scatenate dall’articolo 15, che dà diritto ai primi a un’equa remunerazione per il riutilizzo dei loro contenuti online.
Anche l’articolo 17, che attribuisce alle piattaforme la responsabilità per il materiale protetto da copyright senza licenza, ha causato problemi, in particolare per alcuni meccanismi di rimozione automatica. Infatti, ad aprile la Corte ha respinto una causa intentata da Varsavia che sosteneva che la disposizione metteva a rischio la libertà di parola, in quanto questi sistemi potevano erroneamente rimuovere contenuti legali. La Corte ha riconosciuto il rischio di potenziali violazioni delle libertà di espressione e di informazione degli utenti, ma ha confermato l’articolo e ha stabilito che erano presenti sufficienti garanzie. E l’ex eurodeputato Felix Reda a EURACTIV ha dichiarato che la confusione sull’attuazione dell’articolo 17 è stata uno dei fattori che hanno ritardato l’attuazione della direttiva a livello nazionale.