La disinformazione è un fenomeno sociale e cognitivo, e come tale è parte dei più ampi processi di digitalizzazione all’interno di un ecosistema mediale che coinvolge diverse dimensioni.
Oggi l’opinione pubblica non è più una sfera facilmente definibile e isolabile ad un ambito mediale tradizionale, e la nostra vita online contribuisce fortemente alla formazione delle nostre opinioni e del nostro stare in società. Per questo si vuole provare a ridare spazio alla definizione della democrazia che emerge dalla riflessione sulla tecnopolitica, per combattere la disinformazione attraverso una media education situata e informata.
La disinformazione ha un forte legame con la digitalizzazione e questo ha portato al collasso dei contesti. La digitalizzazione della vita sociale potrebbe indicare la progressiva dipendenza del funzionamento delle società dalle ICT o il ruolo che l’internet delle cose svolge all’interno della vita di tutti i giorni come, ad esempio, la digitalizzazione dell’identità (SPID) o la possibilità di prenotare prestazioni mediche e ricevere risultati delle analisi di laboratorio sui fascicoli elettronici.
In generale, con la navigazione online il potenziamento delle possibilità di accesso alle informazioni sta facendo collassare i diversi ambiti della vita sociale nello stesso ambiente. Ciò che fino a poco tempo fa appariva come distinto in ambiti diversi – la sfera pubblica e la sfera privata – si ritrova adesso ibridato a livello spaziale e, potenzialmente, temporale. Tutto questo, però, procede a velocità diverse rimescolando ogni giorno le regole del nostro partecipare alla vita pubblica.
I processi di transizione digitale non possono essere considerati come neutri e come se avvicinassero automaticamente ad una serie di benefici, e questi non possono essere considerati come delle conseguenze automatiche della digitalizzazione della vita sociale. Inoltre, è necessario fare attenzione a non cadere nelle trappole del soluzionismo tecnologico, cioè l’idea che la tecnologia possa consistere di per sé in una soluzione a problemi sociali, sostituendosi a soluzioni di carattere politico e organizzativo.
In questo contesto si delinea la necessità che ad ogni innovazione tecnologica, a ogni introduzione di novità nell’assetto dei media che pervadono la vita sociale, andrebbero accompagnate delle politiche e delle manovre strettamente sociali che permettano la diffusione di competenze per un loro uso coerente e responsabile.
Per contrastare la disinformazione è necessario superare i limiti dalla media literacy, nozione individualista e responsabilizzante, e concentrarsi sulla media education perché ci si deve rendere conto che tutte le forme di comunicazione e informazioni sottintendono una manipolazione e una progettazione, quindi è necessario educare alla complessità di un mondo sempre più mediato e interconnesso.
Non si possono considerare in maniera isolata le diverse competenze che fanno parte dell’orizzonte della media education. Per questo, nell’affrontare una tematica che può sembrare isolata all’information literacy, come il caso specifico della disinformazione, si propone di tenere in considerazione i dati sulle tendenze alla diffusione delle più larghe competenze digitali, ed è per questo che si pone l’accento sull’ibridazione di sfera pubblica e sfera privata.
Per questo dovrebbe essere promossa la rimozione degli ostacoli che non garantiscono un accesso alle informazioni, quindi democratizzare il sapere che significa mettere in atto delle azioni orizzontali di diffusione delle competenze per condividere i saperi, tra cui un uso più adeguato degli stessi media digitali.