Potrebbe sembrare un’assurdità eppure qualche giorno fa, al liceo Marconi di Milano, è stata emanata una circolare che afferma che solo gli studenti negativi, o con contatti di positivi, possono frequentare la didattica a distanza.
Il fenomeno si inquadra in un contesto lombardo di arancione rinforzato per cui tutte le scuole sono attive a distanza: ma ciò che fa discutere è che gli alunni positivi, anche se asintomatici, saranno considerati assenti e non potranno frequentare le lezioni.
Il provvedimento sembra considerare lo svolgimento delle lezioni come se fosse in presenza: come se gli studenti positivi potessero contagiare i compagni anche attraverso il web.
La circolare recita: “Si ricorda che lo studente può richiedere l’attivazione della Didattica digitale integrata solo nel caso in cui si trovi sottoposto ad un provvedimento di isolamento fiduciario in quanto -contatto stretto- di caso positivo al Covid (..) Nel caso invece di positività, lo studente anche asintomatico, risulterà assente per malattia”.
Il problema però si pone nel momento in cui gli studenti se pur positivi sono asintomatici e quindi perfettamente in grado di seguire le lezioni: perché sottrarre a un giovane la possibilità di “andare a scuola”? Risulta comprensibile il provvedimento qualora lo studente sia positivo e in stato di effettiva malattia, e quindi impossibilitato a frequentare per uno stato di salute cagionevole. Ma perché impedirlo categoricamente?
Il diritto allo studio è fondamentale per i giovani, soprattutto in un momento storico simile, in cui già di per sé i contatti e la socialità sono ridotti al minimo.