Introduzione
Con la sentenza n. 14204/2025, la Quinta Sezione Penale della Corte di Cassazione affronta con rigore sistematico due questioni centrali nel diritto penale dell’informazione: (1) la determinazione della competenza territoriale nei reati di diffamazione commessi online e (2) la compatibilità tra circostanze attenuanti generiche e recidiva. Il caso, che ha coinvolto una figura pubblica accusato di aver diffamato il sindaco tramite contenuti digitali, offre l’occasione per riflettere su un ambito giuridico di crescente complessità: l’intersezione tra libertà di espressione, tutela dell’onore e competenza territoriale nell’ecosistema digitale.
La vicenda processuale in breve
Il procedimento trae origine da una serie di dichiarazioni ritenute lesive della reputazione del sindaco, diffuse tra luglio e ottobre 2017 attraverso canali digitali, tra cui il sito del Mattino di Padova. Dopo la condanna in primo grado, la Corte d’Appello di Caltanissetta ha confermato l’affermazione di responsabilità penale dell’imputato, applicando le attenuanti generiche ma mantenendo la recidiva. La difesa ha impugnato la sentenza davanti alla Corte di Cassazione, sollevando due motivi: 1) incompetenza territoriale del Tribunale di Enna; 2) illegittimità della recidiva, in quanto incompatibile con le attenuanti concesse.
La diffamazione online: una questione (ancora) di territorio
Il primo profilo analizzato dalla Cassazione riguarda il locus commissi delicti nei casi di diffamazione commessa tramite Internet. La Corte ribadisce un principio ormai consolidato: si tratta di un reato di evento, che si consuma nel momento e nel luogo in cui almeno due soggetti terzi percepiscono il contenuto lesivo dell’altrui reputazione. Quanto segue costituisce una sintesi del ragionamento svolto dalla Corte di Cassazione nella sentenza in esame: in un contesto di problematica utilizzabilità di indicatori oggettivi certi che guidino l’accertamento del luogo di consumazione nei reati di diffamazione commessi tramite rete telematica, la giurisprudenza di legittimità ha stabilito che, al fine di radicare la competenza per territorio, debba aversi riguardo al luogo in cui è avvenuto il caricamento del dato informatico che contiene l’espressione diffamatoria, ove ciò sia stato accertato. In mancanza di tale accertamento, si applica in via suppletiva il criterio del luogo di residenza, domicilio o dimora dell’imputato, ai sensi dell’art. 9, comma 2, c.p.p. (Cass. pen., sez. V, n. 31677/2015, Vulpio; sez. I, n. 16307/2011, Pulina; sez. I, n. 2739/2010, Gennari).
Nel caso di specie, correttamente la giurisdizione è stata radicata presso il Tribunale di Enna, poiché il caricamento materiale del contenuto diffamatorio non risultava accertabile in via processuale, applicando di conseguenza il criterio supplettivo dell’art. 9, comma 2, c.p.p.
Tale approccio rappresenta un punto di consolidamento della giurisprudenza di legittimità sulla competenza territoriale nei reati commessi attraverso mezzi telematici, già affermato in precedenti arresti (cfr. sez. 5, n. 31677 del 19/05/2015, Vulpio, Rv. 264521; sez. 1, n. 16307 del 15/03/2011).
Attenuanti e recidiva: due profili distinti e compatibili
La seconda questione affrontata dalla Corte riguarda la presunta incompatibilità tra attenuanti generiche e recidiva, nella specie specifica e infraquinquennale. Il ricorrente lamentava che la concessione delle attenuanti avrebbe dovuto comportare l’esclusione automatica della recidiva.
La Cassazione ha tuttavia richiamato il principio di autonomia dei due istituti, chiarendo che:
“è ius receptum che la valorizzazione, da parte del giudice, dei precedenti penali dell’imputato ai fini del riconoscimento della recidiva, è compatibile con il riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche, attesa la autonomia e indipendenza dei giudizi riguardanti i due istituti (sez. 4, n. 14647 del 07/04/2021, Gallo, Rv. 281018), ed in particolar modo così deve ritenersi quando la concessione delle attenuanti innominate non investa il profilo personologico dell’imputato, che pertiene all’istituto della recidiva, ma interessi i connotati della condotta oggettivamente tenuta nel caso concreto, ritenuti meritevoli di considerazione ai fini di un affievolimento del singolo rimprovero e del relativo trattamento sanzionatorio.”
Nel caso concreto, la Corte ha evidenziato, sia pure con motivazione sintetica, la pluralità dei precedenti penali specifici e la loro contiguità temporale, continuità e assonanza rispetto alla vicenda oggetto di scrutinio, giudicata razionalmente come manifestazione di maggiore pericolosità sociale. Tale profilo, secondo la motivazione della sentenza, giustifica la permanenza della recidiva nonostante il riconoscimento delle attenuanti generiche.
Riflessioni conclusive
La sentenza n. 14204/2025 fornisce un importante contributo alla definizione dei confini applicativi della responsabilità penale per diffamazione commessa mediante strumenti digitali. Essa chiarisce l’applicazione delle regole sulla competenza territoriale in presenza di contenuti diffamatori veicolati online e ribadisce l’autonomia concettuale tra attenuanti generiche e recidiva, evidenziando i criteri interpretativi adottati dalla giurisprudenza in casi analoghi.
In definitiva, la pronuncia si inserisce nel consolidato orientamento della giurisprudenza di legittimità che mira a rafforzare l’effettività della tutela dell’onore e della reputazione nel contesto digitale, offrendo criteri operativi chiari sia per il giudice che per l’avvocato nella fase di valutazione della competenza territoriale e della rilevanza della recidiva.
di Daniele Concavo – Avvocato del Foro di Milano con particolare esperienza nel mondo del Fitness e nella tutela della reputazione aziendale e personale.
L’Avv. Concavo è Cultore della materia di Diritto dell’informazione, Diritto europeo dell’informazione e Regole della comunicazione d’impresa con il Professore Ruben Razzante all’Università Cattolica di Milano.
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