Il 12 dicembre 2021 è entrato in vigore il decreto legislativo 177 dell’8 novembre 2021, che recepisce la Direttiva Ue 790/2019 sul diritto d’autore e sui diritti connessi nel mercato unico digitale (“Direttiva Copyright”).
Il provvedimento introduce norme che riconoscono agli editori, sia in forma singola che associata, un diritto connesso per l’utilizzo delle loro pubblicazioni di carattere giornalistico da parte dei prestatori di servizi delle società di informazione e delle società di monitoraggio media e rassegne stampa.
Il decreto definisce pubblicazione di carattere giornalistico “un insieme composto principalmente da opere letterarie di carattere giornalistico, che può includere altre opere e materiali protetti, come fotografie o videogrammi, e costituisce un singolo elemento all’interno di una pubblicazione periodica o regolarmente aggiornata, recante un titolo unico, quale un quotidiano o una rivista di interesse generale o specifico, con la funzione di informare il pubblico su notizie, o altri argomenti, pubblicata su qualsiasi mezzo di comunicazione sotto l’iniziativa, la responsabilità editoriale e il controllo di un editore o di un’agenzia di stampa”.
In tal senso la pubblicazione a carattere giornalistico non coincide necessariamente con un “giornale” registrato al registro della stampa tenuto dal tribunale: potrebbe anche essere un qualsiasi sito che svolge attività con finalità giornalistica, purché sia a carattere economico. Infatti, gli editori di pubblicazioni di carattere giornalistico sono “i soggetti che, sia in forma singola che associata o consorziata, nell’esercizio di un’attività economica, editano le pubblicazioni di cui al comma 2”, così come spiegate sopra. Anche in questo caso la definizione non è perfettamente coincidente con la nozione di “editore” iscritto al ROC (Registro degli operatori di comunicazione).In questo senso la normativa si dovrebbe applicare anche a realtà che non sono proprio giornali online.
Il decreto stabilisce che “per l’utilizzo online delle pubblicazioni di carattere giornalistico i prestatori di servizi della società dell’informazione riconoscono ai soggetti di cui al comma 1 (gli editori) un equo compenso”, dove per “prestatori di servizi della società dell’informazione” si intendono principalmente le piattaforme del web.
È il cosiddetto diritto accessorio per gli editori (press publisher rights), un diritto del tutto nuovo e creato ad hoc che prevede una remunerazione per la ripubblicazione delle notizie online: se un giornale pubblica un articolo online la semplice ripubblicazione (ad esempio mediante il widget “share/condividi”) può determinare l’obbligo di pagare l’editore.
Nell’attuare il diritto connesso contenuto nella Direttiva, sono stati previsti due principi essenziali: un meccanismo di “negoziazione assistita” per la remunerazione degli articoli dei giornali e una definizione di ‘estratti brevi’ che non vanifichi lo spirito della Direttiva.
L’Italia è l’unico tra gli Stati membri ad aver recepito il diritto connesso degli editori di giornali inserendolo in un contesto procedurale dai tempi e le modalità certi: i meccanismi di negoziazione previsti sono finalizzati a rendere effettivamente esercitabile il diritto connesso, tutelando la parte più debole del rapporto, ossia le imprese editoriali, e in particolare quelle che incontrano maggiori difficoltà ad intavolare una negoziazione equa con i prestatori di servizi della società dell’informazione (tipicamente piccoli e medi editori, che avranno anche la possibilità, ove interessati, di affidarsi ad organismi di gestione collettiva dei diritti, quali loro mandatari).
È previsto, in particolare, che le negoziazioni si svolgano in maniera trasparente e nel rispetto dell’obbligo di buona fede, nel solco di criteri per la determinazione dell’equo compenso, elencati in via di prima esemplificazione dalla legge, che andranno definiti dall’Autorità di settore (AGCOM) con apposito Regolamento da emanare entro 60 giorni dall’entrata in vigore della disposizione. La stessa Autorità potrebbe essere chiamata a stabilire la misura dell’equo compenso, ma solo in caso di mancato accordo fra le Parti; e anche in tal caso, è fatta salva in ogni momento e per ciascuna delle Parti la facoltà di ricorrere all’autorità giudiziaria.
I parametri per la definizione dell’equo compenso perseguono l’ obiettivo di valorizzare quelle pubblicazioni che si caratterizzano per la diffusione di una informazione qualificata e attendibile, garantita anche da una presenza adeguata di giornalisti impiegati, e da investimenti e risorse specificamente destinati all’esercizio professionale dell’attività di informazione.
L’obiettivo è incentivare la concessione delle licenze e la valorizzazione economica delle pubblicazioni di carattere giornalistico nell’ambiente digitale, assicurando ai titolari dei diritti la remunerazione degli investimenti effettuati, al fine di sanare l’enorme squilibrio (rilevato tra gli altri anche dall’AGCOM sin dal 2014 nel Rapporto sui servizi di Internet e la pubblicità online) tra il valore che la produzione di contenuti editoriali genera per il sistema di Internet e i ricavi percepiti dai produttori degli stessi: uno squilibrio che, a detta dell’Autorità di Garanzia, provoca “danni incalcolabili al finanziamento dell’intero sistema dell’informazione e rischia di comprometterne il funzionamento”.