Gli attacchi recenti e le minacce naturali ai cavi sottomarini hanno messo in evidenza la fragilità delle infrastrutture globali di telecomunicazione. Questi cavi, essenziali per il flusso di dati a livello mondiale, risultano poco protetti sia dagli atti di sabotaggio sia dagli eventi accidentali o di origine naturale.
I cavi sottomarini trasportano il 95% del traffico dati globale, inclusi internet, telefonate e transazioni finanziarie. Si distinguono in due categorie principali: i cavi elettrici (HVDC), utilizzati per il trasporto di energia tra nazioni o per connettere parchi eolici offshore, e i cavi di telecomunicazione, fondamentali per la connettività globale, alcuni dei quali dedicati anche a scopi militari e di ricerca.
Nonostante progetti come Starlink e IRIS2, i satelliti non possono sostituire i cavi sottomarini per diversi motivi. La loro capacità di trasmissione è nettamente inferiore: un singolo cavo in fibra ottica può trasmettere centinaia di terabit al secondo, mentre un’intera costellazione satellitare ha una capacità complessiva molto più bassa. Inoltre, la latenza nella trasmissione dei dati via satellite è maggiore, rendendo questa tecnologia inadatta per applicazioni sensibili come il trading finanziario e il gaming online. I satelliti sono anche più vulnerabili alle interferenze atmosferiche, agli attacchi informatici e al jamming. Infine, i costi di lancio e mantenimento di una rete satellitare sono molto più elevati rispetto alla posa e alla gestione dei cavi sottomarini, che hanno una durata media di circa 25 anni.
Attualmente, esistono circa 500 cavi sottomarini per un totale di 1,4 milioni di chilometri. Le principali rotte si trovano nell’Atlantico, tra Europa e Stati Uniti, e nel Pacifico, tra Stati Uniti e Asia. Uno dei punti più critici è lo stretto di Bab el-Mandeb, dove transita il 90% del traffico dati tra Europa e Asia. Quest’area è particolarmente vulnerabile, tanto che alcuni cavi sono già stati attaccati dai ribelli Houthi.
In passato, il settore era dominato da operatori telefonici come AT&T e China Telecom, ma oggi sono le Big Tech a investire massicciamente in questa infrastruttura. Google possiede già sei cavi sottomarini e ne sta costruendo altri, mentre Meta (in particolare Facebook) partecipa a 16 cavi ed è impegnata nella realizzazione di una propria rete globale. Anche Microsoft e Amazon stanno investendo sempre più nel settore.
I cavi sottomarini sono soggetti a diversi fattori di rischio. Le cause più comuni di danno sono le reti da pesca e le ancore, responsabili della maggior parte delle rotture accidentali. A questi si aggiungono il sabotaggio e lo spionaggio, pratiche diffuse fin dalla Guerra Fredda.
La riparazione di un cavo sottomarino è un’operazione complessa e costosa. In acque poco profonde, possono intervenire i sommozzatori, mentre in mare aperto le navi specializzate sollevano il cavo per ripararlo in superficie.
Per migliorare la sicurezza delle infrastrutture sottomarine, si stanno sviluppando diverse soluzioni, tra cui l’uso di droni sottomarini e sensori acustici per rilevare intrusioni, una maggiore cooperazione internazionale tra governi e aziende tecnologiche e nuove normative per garantire la protezione dei cavi in caso di conflitti.
F.C.
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