Da tempo si discute della proteggibilità dei risultati delle attività svolte dall’intelligenza artificiale in modo cosiddetto “puro”, ossia senza l’intervento umano. Il tema si pone sia per i brevetti d’invenzione sia per il diritto d’autore.
Fino a oggi sia gli Stati Uniti sia l’Europa si sono dimostrati coesi nel rifiutare di riconoscere una tutela esclusiva perché la produzione del risultato avviene solo attraverso l’intervento dell’intelligenza artificiale, e senza alcun apporto da parte di un essere umano. Questo perché in entrambi i sistemi giuridici solo una persona fisica può creare o inventare, e quindi essere titolare di diritti esclusivi, mentre un’intelligenza artificiale – per quanto eventualmente tutelabile in sé, per esempio come software – non può realizzare opere dell’ingegno o invenzioni tutelabili, quando non ci sia alcun intervento umano nel processo di elaborazione.
Tuttavia, il tema è molto dibattuto, anche perché si sostiene che in alcuni casi qualcuno sia già riuscito a ottenere, anche in questi ordinamenti, una tutela per risultati dell’intelligenza artificiale, semplicemente utilizzando l’escamotage di dichiarare – contrariamente alla verità – che l’opera fosse stata realizzata da una persona fisica.
Oltre a ciò, vi è chi sostiene che l’inarrestabile progresso verso lo sviluppo sempre più massivo dell’intelligenza artificiale debba spingere verso il riconoscimento di diritti esclusivi sui risultati delle attività stessa. Del resto in alcuni paesi ai robot sono stati riconosciuti diritti propri – finora – delle persone, come il diritto alla cittadinanza.
Ma tornando al tema del riconoscimento del diritto d’autore, non vi è certezza fra gli interpreti relativamente a quale dovrebbe essere il soggetto a cui riconoscere la tutela.