- Come è cambiata la professione di avvocato in questi mesi di emergenza Covid-19? Quali sono stati cioè i cambiamenti più rilevanti e i riflessi diretti sull’attività di assistenza legale?
Sono stati mesi complicati e confusi; abbiamo assistito ad un ritmo sincopato di DPCM quasi settimanali con conseguenti provvedimenti a pioggia disposti dai diversi uffici giudiziari. Gli uffici dell’Ordine Avvocati e le nostre commissioni hanno lavorato e stanno lavorando moltissimo, seppur da remoto, per garantire una corretta informazione, una piena operatività e un’attenta vigilanza e collaborazione per attuare le diverse misure adottate. I punti nevralgici per il Consiglio sono correlati a tutte le attività che non si sono fermate e quindi connesse al Tribunale di sorveglianza e al Tribunale dei minorenni, con particolare attenzione alla questione carceri. Per di più ogni avvocato ha dovuto portare lo Studio a casa, con tutte le resistenze immaginabili. Anche in questo caso l’Ordine, con l’iniziativa Avvocato a Casa, ha cercato di essere accanto potenziando il servizio di assistenza tecnologica e creando un help desk forense per eventuali dubbi nella pratica quotidiana. Direi che la svolta sotto gli occhi di tutti è l’approccio digitale a tutte le nostre attività. C’è un piano semantico che vorrei abbandonassimo. Non parliamo più di “nuove tecnologie”, proviamo a parlare di “tecnologie disponibili”: non stiamo attendendo la realizzazione della prima ruota. Stiamo assistendo all’adattamento di tecnologie esistenti alla nostra professione. Non voglio con questo sminuire la portata rivoluzionaria che questo comporta per un sistema ancorato alle sue liturgie, ma orientare lo sguardo verso un panorama più ampio di risorse disponibili.
- Questa emergenza passerà comunque alla storia come una svolta epocale nell’uso delle tecnologie. In ambito legale quali sono le sfide più avvincenti sul piano tecnologico? In particolare si parla di processi telematici, mediazioni on line…Può farci un quadro sintetico dei cambiamenti in atto?
In questo momento stiamo acquisendo nuove competenze, viviamo praticamente in videoconferenza. E’ innegabile che non saremo più gli stessi e la stessa giustizia non sarà uguale a prima. Stiamo vivendo un momento emergenziale che non si esaurirà di colpo dal punto vista sanitario, e poi ci sarà da gestire tutto l’arretrato. Mi auguro si possa creare una nuova piattaforma che consenta di rendere efficiente e paritario il rapporto tra avvocati ed amministrazione giudiziaria.Mi riferisco a tutta l’attività cosiddetta di cancelleria, mentre per le udienze occorre individuare caso per caso quando l’opzione telematica sia possibile e quando invece, sia da escludere: come nei dibattimenti con esami incrociati o discussioni impegnative. Il tipo di società che avremo nel dopo emergenza, per alcuni aspetti dipenderà anche dai noi avvocati. Pensiamo a quanti contenziosi si sviluppano in relazione ai contratti; credo che gli avvocati dovranno rafforzarsi nell’attività di mediazione sapendo trovare la via dell’accordo. Insomma, la risoluzione giudiziaria non dovrà essere l’approdo obbligato, ma dovremo produrre nuove opportunità per il futuro. A Milano abbiamo spinto l’organismo di mediazione verso l’on line. C’è una piattaforma dedicata su cui presentare istanza e, se le parti sono concordi, concludere la mediazione. Il telematico è senza dubbio un’opportunità, a patto che non diventi una compressione del diritto di difesa.
- Già da tempo l’Ordine di Milano ha potenziato le attività formative on line e l’utilizzo di canali social per veicolare contenuti di qualità e per migliorare la professionalità dei suoi iscritti. Può annunciarci qualche progetto in questo ambito?
In questo particolare periodo è stato cruciale passare a soluzioni che raggiungessero il maggior numero di persone possibile con il vincolo dell’utilizzo esclusivo del telematico. Con l’accavallarsi di notizie e provvedimenti e per raggiungere in tempo reale i nostri iscritti abbiamo incluso nel panel delle nostre piattaforme social anche un canale Telegram dell’Ordine, il sito ha rappresentato un vero hub di comunicazione con la creazione di un’intera sezione dedicata all’emergenza e con un servizio news in tempo reale. Presto sarà rilasciata un’app che via via consentirà di accedere a tutti i servizi on line dell’Ordine. Rispetto alla formazione da un paio di settimane abbiamo istituito un programma di webinar accreditati che andrà sempre più sviluppandosi. Anche gli impegni solenni dei nuovi avvocati da questo mese si svolgono on line e dal prossimo potremmo decidere di trasmetterli in diretta sulla nostra pagina Facebook per consentire alle famiglie e agli amici di partecipare ad un momento così importante.
- Come giudica l’uso dei social da parte degli avvocati? Cosa prevede il vostro codice deontologico?
Naturalmente parliamo di un corpo sociale molto diversificato, per età, accesso alle diverse piattaforme, ma soprattutto comprensione della portata del mezzo e della sua potenza mediatica. I social rappresentano una grande opportunità per proporre con la lente del giurista una lettura dell’attualità. Io credo che un avvocato sui social possa contribuire al dibattito su temi cruciali che riguardino la professione e la società nel suo complesso. La potenza pervasiva dei social network va prima d’ogni cosa compresa. L’82% degli italiani ha un profilo Facebook: è fondamentale interiorizzare il fatto che parlare sui social non è come essere al telefono con un amico o al bar di fronte ad un caffè; è molto più che essere in prima serata in tv e ciò comporta responsabilità. Comunicare è prima d’ogni cosa consapevolezza delle possibili ricadute del messaggio che si intende diffondere. E qui entra in gioco la deontologia: attenzione a non cadere nell’autopromozione o peggio ancora nello sciacallaggio; evitare commenti che possano tradire il nostro obbligo alla riservatezza. Il mio invito è quello di privilegiare riflessioni e contenuti di valore. Più in generale io credo che il codice deontologico dovrà recepire l’esistenza delle nuove forme di comunicazione e delle relative esigenze di una professione che si confronta con un panorama globale governato da regole di marketing molto lontane dalle maglie strette del nostro codice. Criteri troppo stringenti e lontani dalla realtà conducono molto facilmente alla completa elusione delle regole deontologiche, al contrario un codice che comprenda le reali esigenze e le regolamenti sarà recepito moderno e quindi attualizzabile.