Il rapporto con la GenAI si evolve e si fa più maturo: pare sia giunto il tempo di un approccio meno emotivo e più strategico, si predilige dunque un atteggiamento di cautela verso la nuova frontiera tecnologica ma soprattutto bisogna rivolgere attenzione solamente a ciò che davvero genera valore.
Questa prudenza può essere letta in due modi: da un lato evidenzia la necessità di competenze adeguate, dato che l’adozione dell’AI implica la formazione del personale, l’adattamento dei processi esistenti e la ridefinizione delle strategie di business; allo stesso tempo c’è un tema d’incertezza e di complessità nell’applicare le nuove tecnologie.
Bisogna infatti promuovere lo sviluppo di applicazioni software nazionali che trasferiscano i benefici delle tecnologie AI nelle attività quotidiane, in modo quasi trasparente all’utente.
La principale preoccupazione delle aziende legata all’impatto dell’AI non è la perdita di lavoro, indicata solo nel 15% dei casi, bensì la dipendenza da strumenti informatici sviluppati in altri Paesi.
Dallo studio emerge in modo chiaro che la complessità dell’AI non può essere governata direttamente dall’utente finale ma deve essere necessariamente intermediata da esperti del settore.
A.L