Tatatu, società proprietaria dell’app Tatatu, sta portando a termine la quotazione su Euronext Growth Paris, segmento Private Placement. Tatatu è una app di social media e intrattenimento che premia gli utenti per i risultati che contribuiscono a generare trascorrendo il proprio tempo sulla piattaforma.
“Abbiamo scelto Parigi perché è lo stock market europeo che dà maggiore visibilità rispetto agli investitori specializzati in tecnologia”, commenta Andrea Iervolino, Ceo della società. Gli ultimi dati sono incoraggianti: il social è passato da 95 a 350 mila utenti da gennaio ad agosto di quest’anno. Tatatu è un social network tutto italiano, con un’idea innovativa: i suoi utenti guadagnano token dalle interazioni e dai contenuti streaming visualizzati.
Crediti che poi possono spendere per acquistare prodotti nell’e-commerce dedicato o per aggiudicarsi all’asta esperienza esclusive come una cena con Johnny Depp o un ruolo da comparsa in un film. Ma il social punta ad aprire nuove collaborazioni con negozi fisici dove spendere i token accumulati: in tre mercati di Londra già si può fare.
Il prezzo di riferimento delle azioni alla data di ammissione alle negoziazioni su Euronext Growth Paris è di due euro, pari al prezzo di sottoscrizione dell’operazione di private placement effettuata prima della ammissione alle negoziazioni su Euronext Growth Paris. Pertanto, la capitalizzazione azionaria della società alla data della quotazione sarà di circa 1,6 miliardi di euro.
La società ha concluso un accordo di sponsorizzazione della quotazione con Portzamparc e ha inoltre stipulato un contratto di liquidità con Exane, mettendo a disposizione di quest’ultima un importo di 200 mila euro. Bnp Paribas ha agito in qualità di consulente finanziario della società.
Oltre a incrementare la visibilità di Tatatu, la quotazione “ci consentirà di accedere ai mercati di capitoli mentre mettiamo in atto il nostro piano strategico con l’ambizione di diventare uno dei social media e delle piattaforme di intrattenimento di cui gli utenti di tutto il mondo non possono fare a meno e anche il primo caso di quella che chiamo la “sharing economy of data”, in connessione con l’economia circolare”, ha commentato Andrea Iervolino.