La disciplina delle intercettazioni sta per subire un cambiamento radicale. Questo mezzo di ricerca della prova, disciplinato dall’art. 266 e ss. del Codice di procedura penale, avrà, infatti, un limite di durata notevole: 45 giorni per le operazioni di ascolto, prorogabili in caso di assoluta indispensabilità giustificata dall’emergere di elementi specifici, concreti e motivati (attualmente, invece, il codice prevede un periodo iniziale di 15 giorni, prorogabile per successivi periodi di 15 giorni con decreto motivato del giudice, su richiesta del pubblico ministero, se vi sono gravi indizi di reato e l’intercettazione è assolutamente indispensabile ai fini della prosecuzione delle indagini).
Arriva dunque al traguardo il nuovo intervento su una materia sulla quale in più occasioni si era occupato il Governo (basti ricordare gli altri limiti alla disciplina in oggetto, già introdotti dalla legge Nordio nel luglio scorso). Ma tale provvedimento ha fatto storcere il naso a più parti, a cominciare dal presidente dell’Anm Giuseppe Santalucia, che ha parlato di un programma di riforme che indebolisce l’azione di contrasto al crimine: “Non è certo la mannaia temporale prevista in questo ddl a dare risposte al bisogno di professionalità nell’uso di questo strumento”.
E anche il mondo del giornalismo non si è detto favorevole alla novità. Il presidente dell’Ordine dei giornalisti, Carlo Bartoli, nel corso della conferenza stampa “Giustizia, informazione a rischio”, svoltasi a palazzo Grazioli, nella sede romana della Stampa estera, si è detto preoccupato per “il fatto che il Parlamento sia in procinto di approvare una legge sulla stretta sulle intercettazioni che sembra una norma di garanzia che complica il lavoro”. Secondo Bartoli tale normativa “impone al giornalista di descrivere un fatto invece di presentarlo come tale. Tutti preferiscono esprimersi direttamente, allora perché le intercettazioni è l’unico elemento di cui non si può virgolettare neanche una parola? Esporrà i giornalisti a ulteriori rischi di diffamazione”. E poi ha concluso: “Rischiamo di assomigliare più alla Turchia che agli Stati Uniti”.
Il disegno di legge è stato approvato in prima lettura al Senato con 83 voti favorevoli, 49 contrari e un astenuto e ora passa all’esame della Camera.
di Matteo Cotellessa, Giornalista in Direzione Comunicazione Mediaset e cultore della materia di Diritto dell’informazione, Diritto europeo dell’informazione e Regole della Comunicazione d’impresa con il Prof. Ruben Razzante (Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano)