L’Università ha inflitto la sanzione della sospensione ad un
Professore in ragione della condivisione di un “meme” sulla sua
pagina Facebook personale.
Il meme in questione raffigurava la vicepresidente degli Stati Uniti
Kamala Harris e conteneva un testo che suggeriva che il suo
successo politico fosse dovuto a relazioni intime con uomini potenti.
L’Università aveva ritenuto che il contenuto del meme fosse
offensivo e dannoso per l’immagine dell’istituzione, sostenendo che
il Prof., presentandosi come docente dell’Università sul suo profilo
Facebook, aveva creato una commistione tra la sua sfera privata e il
suo ruolo pubblico.
Il docente impugnava la sanzione innanzi al Tribunale
Amministrativo Regionale per la Lombardia (TAR Lombardia) che
tuttavia gli dava torto.
Avverso tale sentenza il Prof. proponeva appello al Consiglio di
Stato.
L’appellante, in particolare, contestava la sentenza del TAR
Lombardia, sostenendo che la condivisione del meme non
costituisse un’approvazione del suo contenuto e che la sanzione
violasse il suo diritto alla libertà di espressione. Aveva inoltre
argomentato che il suo post rientrasse nell’ambito della critica
politica, che godeva di ampia tutela costituzionale.
Il Consiglio di Stato, dopo aver esaminato approfonditamente le
doglianze dell’appellante, le ha respinte nel loro complesso,
ritenendo:
1) che la pubblicazione del “meme”; sulla pagina Facebook del Prof.,
pur senza un’esplicita approvazione del contenuto, abbia comunque
integrato una violazione del dovere di diligenza che incombe su
chiunque utilizzi i canali social per pubblicare contenuti propri o
altrui, dovendo verificarne previamente il tenore;
2) che il contenuto del “meme”; fosse intrinsecamente offensivo e
lesivo della dignità delle donne che intendono fare carriera politica,
travalicando i ben noti limiti della critica politica ammissibile;
3) che la condotta del docente abbia leso l’immagine e la reputazione
dell’Università, in ragione del fatto che egli si presentava sul suo
profilo Facebook come docente dell’Ateneo;
4) che la sanzione della sospensione per un mese, essendo la meno
afflittiva tra quelle previste, sia stata proporzionata alla gravità della
condotta accertata.
In conclusione, il Consiglio di Stato ha respinto l’appello,
confermando la sentenza di primo grado.
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