Un lavoratore sulla piattaforma Google My Business ha recensito con una sola stella su cinque l’azienda per cui stava lavorando. La risposta dell’azienda è stata quella di licenziare il lavoratore considerando la recensione diffamatoria e lesiva per la propria reputazione.
La Corte d’appello di Ancona ha validato il licenziamento affermando che bisognava considerare la potenzialità lesiva della recensione e che la condotta stessa del lavoratore è da considerare consapevole e lesiva nei confronti dell’azienda.
La Cassazione ha invece deciso di accogliere il ricorso del lavoratore affermando che lui ha agito nei limiti del diritto di critica, salvaguardato dall’articolo 21 della Costituzione, e nei limiti dell’articolo 1 dello Statuto dei lavoratori che afferma che i lavoratori sul proprio luogo di lavoro hanno il diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero.
In primo e in secondo grado i giudici avevano riscontrato un eccesso del lavoratore nell’espressione “perdete ogni speranza” presente nella propria recensione.
La Cassazione ha voluto ricordare che la critica è dissenso, un giudizio negativo e che deve avere la finalità di mettere il destinatario della critica nelle condizioni di interrogarsi sugli aspetti criticati dall’altra persona.
La sentenza afferma che la critica può anche non essere esplicitamente costruttiva però deve comunque essere espressa con toni e parole non volgari e non infamanti, e che può essere utilizzata in questo modo per tutelare un bene come la dignità nelle condizioni lavorative.
Quindi nella sua sentenza la Cassazione non ha riscontrato una diffamazione ma una critica. Anche la frase “perdete ogni speranza” considerata come lesiva e diffamatoria nei primi due gradi di giudizio, non è stata considerata tale, ma una critica attuata attraverso l’utilizzo di un’immagine che richiama la storia letteraria italiana.
S.P.
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