Come mostrano i dati dell’Osservatorio sull’Imprenditoria femminile di Unioncamere e InfoCamere, le iscrizioni di nuove attività femminili nei primi nove mesi del 2021 sono più numerose di quelle registrate nello stesso periodo del 2020 (+7mila).
Il Mezzogiorno è l’area del Paese che registra il maggior numero di nuove imprese femminili (22.500) nei primi 9 mesi del 2021. In queste regioni, inoltre, il peso percentuale delle iscrizioni di attività guidate da donne sul totale delle nuove imprese sfiora o supera il 26%. A seguire il Nord Ovest (oltre 16mila le attività nate nel periodo), ma con una incidenza percentuale minore (23,7%). Le quasi 12mila nuove imprese femminili del Nord Est e le oltre 14mila del Centro rappresentano invece rispettivamente il 24,8 e il 26,3% del totale delle iscrizioni.
Una conferma del lento ma progressivo rafforzamento organizzativo in corso nel mondo produttivo femminile proviene anche dalla crescita della quota di aziende guidate da donne che oggi operano nei cinque settori di attività più performanti in termini di rapporto valore aggiunto/occupati: industria manifatturiera, altre industrie in senso stretto, servizi di informazione e comunicazione, attività finanziarie e assicurative, attività immobiliari.
Questa quota è passata dal 16,3% del 2014 al 16,9% del 2021, con differenze significative tra Centro-Nord, dove le donne hanno una maggiore tendenza ad operare in questi settori, e Mezzogiorno, dove invece si opera in settori più tradizionali.
Di fatto il crescente rafforzamento strutturale e di mercato del fare impresa al femminile, visibile sia nel breve che nel medio periodo, sembra andare di pari passo con la diffusione della presenza delle donne nei posti di comando delle aziende. Tra il 2011 e il 2020 le donne amministratrici in termini percentuali passano dal 23,2 a 24,4%. Le cariche di amministrazione ricoperte da donne sono così oggi poco meno di un milione e 140 mila a fronte del milione e 50 mila di 10 anni fa. Cresce però l’età media delle donne che dirigono, perché se nel 2011 il 43% delle amministratrici aveva più di 50 anni, a fine 2020 le over 50 sono il 58%.
È ormai nota da tempo, e evidenziata anche dallo studio del Peter Institute for international economics di Washington, la grande capacità delle donne di generare utile quando sono alla guida di un’azienda. Infatti, secondo i ricercatori americani, le imprese dove almeno il 30% del board è rosa conquistano un incremento del 6% della quota di utile netto.
In Italia, dove ad essere monitorate sono state 196 aziende di varie dimensioni, il risultato è ancor più sorprendente. Con la più alta partecipazione delle manager nei board delle quotate, il nostro Paese risulta al terzo posto in Europa, dopo Norvegia e Lettonia, per presenza femminile ai vertici aziendali.
Il caso Pomellato fornisce un esempio lampante di questo tipo di leadership femminile che è anche visione e valore aggiunto per l’economia italiana ed internazionale. Dopo essere stata brand manager per Armani e Vice Presidente di Bulgari, Sabina Belli è diventata Ceo del Gruppo, avendo come missione quella di portarlo ad essere tra i primi dieci marchi globali di gioielleria. La scelta di Sabina Belli non è un caso. Ha infatti dimostrato le sue alte capacità più volte, trasformando in successi tante sfide tra cui quella di formare il gusto di tante nuove generazioni di consumatrici.