La battaglia contro la discriminazione di genere viene portata avanti da molti anni e, nonostante i progressi fatti, ci sono ancora lacune da colmare a riguardo. Una delle più rilevanti, specialmente all’interno del contesto storico attuale, riguarda l’intelligenza artificiale e i suoi bias cognitivi.
Dall’avvento delle nuove tecnologie, sono emersi numerosi episodi di discriminazione, soprattutto a causa dei dati con i quali vengono addestrati gli algoritmi. Se, nel corso del tempo, il divario tra uomini e donne è risultato più o meno elevato in determinati campi, anche l’IA potrebbe fornire un responso che va ad alimentare questa tendenza.
Si stanno però studiando dei metodi per ridurre il più possibile questa problematica. È infatti entrato in vigore, dallo scorso agosto, l’AI Act, approvato dall’Unione Europea e incentrato, tra i vari punti, anche sul tema della discriminazione. Regolamentare l’utilizzo delle nuove tecnologie è infatti il primo passo verso una maggiore equità e una minore frequenza di episodi che vadano a penalizzare le donne.
Ci sono poi paesi, come la Gran Bretagna, che stanno cercando di ridurre il più possibile il problema legato ai pregiudizi degli algoritmi. Iniziative come questa sono supportate da appositi programmi, che mirano ad identificare le falle dei vari sistemi per correggerle e impedire che, a causa loro, molte donne si ritrovino emarginate da un eventuale posto di lavoro per il quale ci si sta candidando.
S.C.
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