Matteo Bassetti, direttore Malattie infettive dell’ospedale policlinico San Martino di Genova, ha raccontato un caso che ha riacceso il dibattito sull’efficacia dell’intelligenza artificiale in ambito medico.
Per tre anni, un bambino di nome Alex ha sofferto di un dolore cronico e nessuno è riuscito a capirne la causa. Dopo aver consultato 17 specialisti senza ottenere risposte, sua madre ha deciso di provare con ChatGPT.
Inserendo i sintomi e i dati della risonanza magnetica, ha ricevuto come possibile diagnosi la sindrome del midollo ancorato, una condizione rara che si verifica quando il midollo spinale si attacca ai tessuti circostanti. Ha così portato questa ipotesi a un neurochirurgo, il quale l’ha confermata e ha operato il bambino, mettendo fine alle sue sofferenze.
Questo episodio dimostra come l’intelligenza artificiale possa essere un valido strumento di supporto nella diagnosi, in quanto può essere in grado di superare le abilità dei medici stessi.
Allo stesso modo, però, emergono due criticità nel rapporto tra medici e IA: da un lato, molti professionisti tendono a opporsi alle diagnosi suggerite dai chatbot, soprattutto quando divergono dalle loro; dall’altro, la maggior parte dei medici non riesce a sfruttare al meglio le potenzialità offerte dagli strumenti dotati di IA.
Anche se l’intelligenza artificiale non potrà mai sostituire un medico in carne e ossa, il suo utilizzo potrebbe migliorare le capacità diagnostiche e le abilità dei professionisti.
B.P.
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