A cosa servono innovazione e la tecnologia se a farne le spese è chi, in teoria, dovrebbe godere dei benefici, ovvero l’essere umano? È questo il cuore del messaggio lanciato da Papa Leone XIV, che, parlando ai vescovi italiani, ha espresso preoccupazione per l’impatto crescente dell’Intelligenza Artificiale, dei social media e dell’economia dei dati sulla percezione della vita e dell’identità personale.
Secondo il Pontefice, il rischio è che la dignità dell’uomo venga appiattita su funzioni, simulazioni, automatismi. Ma “la persona non è un sistema di algoritmi: è creatura, relazione, mistero”, ha affermato con saggezza. Per questo motivo, ha invitato le Chiese italiane a includere una riflessione viva sull’umano come strumento essenziale del discernimento pastorale.
Non si tratta di semplice prudenza nei confronti della tecnologia, ma di una critica al vuoto antropologico che può derivare da una cultura orientata solo all’efficienza e alla replicabilità. Senza uno sguardo integrale sull’uomo, fatto di corporeità, fragilità, desiderio e legame, l’etica si riduce a un insieme di regole e la fede perde contatto con la realtà concreta delle persone.
Accanto a questo richiamo, il Papa ha ribadito l’importanza della cultura del dialogo come antidoto alla frammentazione e alla superficialità. Le parrocchie, i movimenti e le associazioni devono diventare spazi di ascolto intergenerazionale, luoghi in cui le parole siano scelte e curate e le relazioni vissute con profondità.
In un mondo dove il digitale rischia di sostituire il volto con uno generato artificialmente e l’incontro con l’interazione, l’appello del Papa è chiaro: senza una visione alta dell’umano, anche la verità rischia di ridursi a calcolo. Coerente, ma priva di senso.
A.C.