In apparenza i due social si somigliano molto. Entrambi rientrano nella categoria delle piattaforme di microblogging.
Rispetto a Twitter, però, i post possono spingersi fino a 500 caratteri e risultano sempre ordinati in modo cronologico sulla timeline che può essere quella locale del server oppure quella federata con tutti gli altri siti. I tweet qui si chiamano “toot” come il verso dell’elefantino simbolo.
Una delle funzioni più interessanti di Mastodon è quello di impostare un livello di privacy scegliendo su pubblico, pubblico ma non sulla timeline pubblica, visibile ai followers o messaggio privato visibile solo ai menzionati. Ci sono circa 3000 amministratori indipendenti che gestiscono i tanti server sui quali si espande Mastodon, un progetto open-source nato ormai nel 2016 e con oltre 4 milioni di utenti attivi.
Ognuno può creare un proprio canale (istanza), può gestirlo o moderarlo come vuole, oppure scegliere di iscriversi a un canale di proprio gradimento. Ce ne sono circa 70 mila al momento.
Mastodon ha sei anni di vita. Non ha pubblicità. Vive grazie alle donazioni degli utenti. È sviluppato da un’associazione senza scopo di lucro creata da Eugen Rochko, che in un’intervista al Time ha detto: “Ho creato Mastodon perché nutro sfiducia nel controllo dall’altro esercitato da Twitter”. La sua missione, spiega, è “democratizzare i social media”.