L’istituto Demos&Pi ha effettuato un sondaggio per “Repubblica” che ha indagato il rapporto del pubblico con i media in questo momento in cui si occupano principalmente di fatti inerenti la guerra in Ucraina, ma i dati emersi non sono incoraggianti.
Il 69% degli intervistati si ritiene informato sulla guerra (in particolare il 57% si dice “abbastanza” informato e il 12% “molto”), mentre il 30% afferma di sentirsi poco o per nulla informato. La copertura informativa offerta dalla televisione viene apprezzata dal 59%, ma questo valore cala quando viene chiesto di esprimere un giudizio riguardo i talk show che oggi affollano i palinsesti.
I dati vengono accompagnati da un articolo dove il sociologo Diamanti afferma che tali numeri testimoniano il senso di saturazione che le persone provano nei confronti di trasmissioni che privilegiano il dibattito. Queste, infatti, «enfatizzano il conflitto in Ucraina fino a trasformarlo in uno “spettacolo permanente” nel quale, di fronte alle immagini della tragedia, recitano “attori” di diversa professione e impostazione: esperti di geopolitica e di guerra, cronisti, giornalisti, analisti, opinionisti, politici e militari». Per di più, si tratta di una modalità di “spettacolo” già mandata in onda più volte negli ultimi anni, trattando il tema della pandemia da Covid-19.
L’aspetto più allarmante che emerge dal sondaggio, però, è che la comunicazione sulla guerra suscita fra i cittadini un atteggiamento scettico, in parte diffidente. Il 46% degli intervistati crede che la maggior parte dell’informazione italiana sul conflitto sia «distorta e pilotata» mentre il 23% afferma che le notizie, le immagini sui crimini delle truppe di Mosca in Ucraina sono una montatura. Secondo Diamanti queste persone ritengono che le notizie sul conflitto siano una fake news confezionata dal governo ucraino, «raccolta e accolta dai nostri media per interesse politico. E per alimentare gli indici di ascolto e di consumo mediatico».
Sembra essere venuto meno, almeno in parte, il rapporto di fiducia che necessariamente deve esserci tra media e pubblico.