Continuano le azioni delle piattaforme per fermare la disinformazione sul conflitto in Medio Oriente. La modifica delle impostazioni dei commenti di Meta ha l’obiettivo di «proteggere le persone nella regione da commenti potenzialmente sgraditi o indesiderati». Nello specifico, i commenti ad un post pubblico saranno limitati agli “amici” dell’utente che l’ha condiviso o ai followers predefiniti. Una novità assolutamente inedita, considerando che la prerogativa di un contenuto pubblico è proprio quella di permettere a chiunque di lasciare il proprio commento.
Secondo quanto riferito dalla piattaforma, la modifica annunciata interesserà anzitutto «le persone della regione» colpita dal conflitto, ma anche tutti gli utenti a livello globale che saranno avvertiti non appena queste modifiche saranno abilitate. Inoltre, Meta ha annunciato di essere al lavoro per semplificare l’eliminazione di massa dei commenti a un post e di aver già disabilitato «la funzione che normalmente visualizza il primo o i primi due commenti sotto i post». Una serie di accorgimenti chiamati a ridurre drasticamente i commenti potenzialmente tossici e molesti (se non addirittura contenenti immagini violente) in un momento in cui le tensioni legate al conflitto Israele-Hamas continuano ad invadere i social network.
In ultimo, il colosso americano ha annunciato il lancio di una funzione che permetterà agli utenti della regione di limitare il proprio profilo mantenendolo pubblico, consentendo di nascondere alcune “sezioni” che in precedenza erano visibili a tutti, per esempio la possibilità di vedere una versione a grandezza naturale della loro foto profilo. Tutto questo in un momento molto delicato per Meta, che di recente ha dovuto affrontare la accuse secondo le quali la politica di moderazione dei contenuti avrebbe ingiustamente “oppresso” alcuni account che avevano pubblicato post relativi al conflitto. Un errore dovuto ad un bug che «ha colpito in egual modo gli account di tutto il mondo e non aveva nulla a che fare con l’oggetto del contenuto», come ha riferito il direttore delle comunicazioni di Facebook, Andy Stone.
F. S.
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