Abbiamo rivolto alcune domande a Gina Nieri, Direttore degli Affari Istituzionali e Legali e dell’Analisi Strategica di Mediaset, nonché membro del nostro Comitato Scientifico.
Direttrice Nieri, la nuova amministrazione americana di Donald Trump ha generato molte discussioni sul futuro degli Stati Uniti ma anche dell’Europa. Come giudica i primi mesi del Presidente dal suo ritorno alla Casa Bianca, anche in relazione alle decisioni prese dagli OTTV sugli accordi con il Vecchio Continente?
E’ bastato un mese dalle elezioni americane per avere la sensazione che tutto è cambiato. Un salto indietro totale compiuto dal nuovo corso americano nella grande battaglia per la libera concorrenza, per una realtà digitale responsabile, in grado di riconoscere i valori democratici ed estenderli alla società della rete, degli algoritmi, dell’Intelligenza artificiale, ma soprattutto delle persone.
Fiumi di inchiostro che hanno vergato accordi, autoregolamentazioni, fondamentali atti normativi in sede Europea a difesa della libertà di espressione, del libero mercato, della democrazia, anche economica, che passa anche dalle specificità culturali, – si pretende si disciolgano al sole con la velocità di un click, sotto la scure e l’arroganza di chi sostiene di essere stato depredato di sovranità e libertà.
Difficile non scandalizzarsi davanti a certi atteggiamenti e ancora più difficile mantenere dritta la barra sapendo di essere nel giusto.
E’ bastato sentire profumo di vittoria per il candidato repubblicano per vedere gli OTTV disattendere obblighi e persino autoregolamentazioni, volontariamente assunte, con l’Europa. Non era ancora stato dichiarato il vincitore, e già gli OTTV denunciavano come orpelli inutili i princìpi essenziali, prima sbandierati come esempi di convivenza civile ed economica. Obiettivi primari quali inclusione, sostenibilità, diversità, parità tra sessi, anche economica, equità – tutte tra l’altro estese nelle norme finanziarie anche alle aziende UE quotate-sono usciti dall’immaginario e dalla narrativa delle big tech, superate e non più utili.
Secondo Lei, quale degli accordi siglati tra Europa e USA è stato colpito maggiormente dalla nuova amministrazione?
La prima vittima? Il codice di Condotta sulla disinformazione siglato da più di 40 piattaforme con la Commissione europea nel 2016, sbandierato dagli stessi firmatari come un fiore da mettersi all’occhiello e un mezzo per dimostrarsi in linea con i valori europei dell’informazione responsabile e veritiera. Fondamentale nell’autoregolamentazione, il fact-cheking, strumento contro la disinformazione e le bufale, di cui le maggiori piattaforme si erano dotate, assumendo a tal fine schiere di giovani, oggi licenziati in tronco perché inutili.
Il DSA (Digital Services Act) ha dato valore di legge al Codice di Condotta imponendo a tutte le piattaforme l’obbligo di dotarsi di un fact-checker terzo.
La reazione degli USA non si è fatta attendere: due lettere del Presidente della Commissione di Giustizia del Congresso, Jim Jordan e del Presidente della FCC Brendan Carr sostengono che il DSA restringe la libertà d’informazione delle società USA nel suolo europeo e che il DMA, considerato un’arma contro le aziende USA, impone regole eccessive sulla libertà d’espressione e obblighi troppo onerosi per gli OTTV.. Completano il quadro le minacce contro le multe salate della UE alle piattaforme e contro l’attuazione della Minimum Tax.
Pronta la risposta di Ribera e Virkkunen che hanno chiarito come le norme UE valgano solo all’interno dell’Europa e non certo negli Stati Uniti, e come queste ricomprendano gli OTTV americani limitatamente alle attività da essi svolte nel continente europeo.
La Commissione europea ribadisce la cogenza e correttezza delle linee normative contenute nel DSA e nel DMA e le considera una garanzia anche per le aziende americane. Alle questioni già note sui comportamenti sanzionati da Dma e Dsa aperte sugli OTTV, e nonostante la levata di scudi dell’amministrazione americana che minaccia tariffe e dazi contro multe considerate estorsive ai danni delle big tech, la Commissione ne aggiunge altre . Due atti preliminari per mancato rispetto del Dma, su Google Search e Google Play, già designati come gate- keeper.
Alle critiche da parte americana all’Europa si aggiunge nel frattempo un attacco da parte del Vice-Presidente americano Vance che sostiene come l’Europa, nell’intento di censurare la disinformazione “minacci e bullizzi” le aziende a cui fanno capo i social media. Secondo lui i Commissari UE soffocano la libertà d’espressione dei media americani….
Quali sono le prospettive per il confronto tra piattaforme e media tradizionali?
Al di là delle questioni normative, c’è un’evidenza che ha molto a che fare con la sostenibilità economica dei media europei. I fatturati delle piattaforme crescono liberi da obblighi mentre le risorse dei media tradizionali decrescono, costrette da una competizione sbilanciata e sleale. In un confronto economico impari il rischio è che a soccombere siano valori quali il pluralismo delle voci, l’informazione libera, responsabile, trasparente, professionale e plurale, i contenuti identitari della cultura europea, l’occupazione locale. Tutto questo è stato finora garantito e assicurato dai media tradizionali che non devono essere compressi nella loro vocazione democratica e valoriale, da un’aggressione liberticida il cui risultato finirebbe per essere quello di un abbassamento della democrazia nella nostra Europa e di una cessione di sovranità culturale a favore dello straniero.
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