Navigare non basta più. Nell’era dell’Intelligenza Artificiale agentica, i browser diventano assistenti intelligenti capaci di leggere, interpretare e agire per noi. È il caso di Dia, lanciato da The Browser Company, che riconosce contenuti e intenzioni e propone azioni come riassunti, suggerimenti e compilazioni automatiche, direttamente dalla barra degli indirizzi.
Ma Dia è solo uno dei nuovi AI browser. Opera Neon punta su un design AI-first per eseguire task complessi: può acquistare prodotti, compilare moduli, costruire pagine web. Microsoft Edge, già da tempo integrato con l’AI di OpenAI, consente una cronologia intelligente, ricerca avanzata, gestione multimediale e nuovi comandi vocali.
Brave punta sulla privacy con Leo, un assistente AI che non traccia gli utenti e consente cancellazione automatica delle interazioni. Sigma invece si rivolge a creativi e ricercatori, offrendo strumenti di lettura, sintesi, annotazione per costruire veri flussi di lavoro dentro il browser. E anche Chrome si muove con Project Mariner, un prototipo sviluppato da DeepMind per eseguire operazioni complesse in autonomia.
Il principio è lo stesso: il browser non è più uno strumento passivo, ma un ambiente operativo AI-driven, che gestisce attività ripetitive o tecniche per agevolare l’attività umana.
Meno tempo perso, più efficienza. Ma a quale prezzo?
l rischio oscilla tra la perdita di privacy e controllo sui dati e il dubbio sull’attendibilità dei suggerimenti.
Se l’AI capisce ciò che leggiamo, scriviamo, cerchiamo o acquistiamo, sicuramente memorizza preferenze, comportamenti e abitudini. E come vengono trattati i nostri dati? In più, se ha autonomia decisionale, chi garantisce per la validità dei suggerimenti? Qual è il criterio di scelta?
L’interazione proattiva solleva interrogativi su privacy, autonomia e trasparenza. I produttori provano a rispondere, garantendo cifratura locale, dashboard trasparenti, controllo utente sui dati. Ma servono anche standard aperti, API auditabili, regole condivise e una governance che accompagni l’innovazione con responsabilità.
Perché affidare al browser il compito di agire al nostro posto significa ridefinire il confine tra autonomia e delega. In gioco non c’è solo l’efficienza, ma il nostro rapporto con la conoscenza, il potere e la libertà decisionale. Perché ogni azione compiuta da una macchina al posto nostro interroga, in fondo, il senso stesso del nostro agire.
A.C.