Dal 2019 al 2020 sono passate da 66 a 53 le opere incompiute in Sardegna, con uno scarto di 13 opere pubbliche, che testimonia l’impegno della Regione nella realizzazione di quelle infrastrutture strategiche ma bloccate. La forbice si allarga ancora di più se si prende in considerazione il dato del 2018, quando le opere pubbliche ferme erano 80 (34% in meno in due anni).
I dati e le percentuali, elaborati sulla base degli elenchi trasmessi dai Comuni, raccontano il lavoro virtuoso svolto dalla Regione nel corso di questi due anni. La Sardegna ha avviato positivamente la stagione dello sblocco dei cantieri, arrivando a risultati importanti sia sul fronte della modernizzazione infrastrutturale e sia sulla realizzazione di interventi complessi fermi ormai da anni. L’attenzione per i territori si è manifestata attraverso la volontà di dare risposte immediate a Comuni e agli Enti locali anche sul fronte degli interventi da portare a compimento, per garantire sempre più servizi ai cittadini e alle cittadine sardi e per combattere lo spopolamento e l’isolamento dei territori.
Si tratta di opere di pertinenza comunale come scuole, piscine, palestre, asili nido, auditorium e parchi, oltre strade, ponti, viadotti; in alcuni casi si parla di interventi fermi da oltre vent’anni. “Le incompiute rallentano le economie dei territori e, laddove permangono a distanza di venti o trent’anni, rappresentano il fallimento della politica. Siamo impegnati ad accelerare quanto più possibile la realizzazione di interventi che riteniamo necessari per lo sviluppo economico della Sardegna. Far ripartire i cantieri significa rimettere in moto l’economia e creare occupazione, trovando nuove opportunità di lavoro anche per chi, in questa delicata fase storica, lo ha perso. Oggi più che mai siamo determinati nella volontà e nell’impegno di smuovere ciò che era paralizzato”– ha concluso l’Assessore dei Lavori Pubblici Aldo Salaris.