1) Quali sono, a suo avviso, le maggiori difficoltà che il settore dello sport si troverà ad affrontare a seguito di questa lunga crisi?
Oltre 300 giorni di chiusura, fino al 90% di perdite economiche e l’Italia, secondo le ricerche più recenti, perderà il 10% delle proprie organizzazioni sportive. Questa è la foto del momento attuale.
Un problema gravissimo riguarda la disaffezione della cittadinanza: secondo i dati di Sport e Salute gli utenti si sono allontanati dalle strutture sportive: la quasi totalità delle organizzazioni (91%) ha infatti dichiarato di aver subito delle consistenti perdite nel numero di iscritti e praticanti rispetto al 2019: ben oltre il 50% per quattro organizzazioni su dieci.
Su questi numeri gravano anche scelte governative che non hanno considerato lo Sport una soluzione ma persino una fonte di contagio, in controtendenza con qualsiasi analisi di settore. I controlli di ottobre, nei centri sportivi e palestre in tutta Italia, ad esempio, non hanno riscontrato focolai o erronee procedure anti-Covid. Altro esempio è legato alle nostre piscine: secondo un recente studio, condotto da un team di ricercatori dell’Imperial College di Londra, commissionato da Swim England, l’ente governativo inglese per gli sport acquatici, l’acqua clorata delle piscine inattiverebbe il Coronavirus in soli 30 secondi. I risultati, suggeriscono che il rischio di trasmissione del Covid-19 nell’acqua della piscina, sembri essere estremamente basso.
Altro grave problema la frattura tra operatori e collaboratori: molti lavoratori dello sport non vedendo prospettive hanno cambiato settore, altri rimarranno disoccupati a causa della mancanza di datori di lavoro e in questo quadro si innesta la non completata riforma dello sport.
2) Nelle azioni di rilancio del settore, sono previste iniziative volte a promuovere e diffondere la pratica sportiva?
Possiamo ricordare ciò che stiamo chiedendo in tutti i modi, facendo valere le nostre ragioni dentro e fuori il Palazzo. Il problema dello sport si può risolvere solo con una rivoluzione culturale.
Lo sport in Italia contribuisce per il 3.4% del PIL che con l’indotto arriva a pesare 60 miliardi l’anno oltre 150.000 associazioni e società sportive dilettantistiche, centinaia di migliaia di collaboratori sportivi e 12 milioni di tesserati, cui si aggiungono i 5,5 milioni di abbonati alle palestre. Secondo i dati ISTAT, sono oltre 100.000 le organizzazioni no profit che si occupano di sport e più di 20 milioni gli italiani che praticavano uno o più sport in modo continuativo o saltuario prima della pandemia.
A questi dati si aggiungono statistiche preoccupanti:
· POCA ATTIVITA’ FISICA: il 57% non svolge mai attività fisiche neanche come bicicletta, camminate e simili, il 20% lo fa saltuariamente, il 18% con una certa regolarità, il 5% regolarmente.
· TROPPA OBESITA’: il 45% degli adulti ed il 24% dei minorenni sono obesi o gravemente obesi con un costo per il Sistema Sanitario Nazionale stimato fino a 15 miliardi di euro/anno,
· MALATTIE CRONICHE. Le malattie croniche affliggono circa il 40% della popolazione italiana e, secondo le stime dell’Istat, nei prossimi anni la spesa sanitaria per curarle in Italia salirà a 71 miliardi di euro/anno, soprattutto per cardiopatie, diabete di tipo 2 e ipertensione. L’inattività è un problema di tutti!.
Cosa fare?
È importante che gli interventi non siano limitati all’emergenza ma che, nel mondo sportivo, vi sia una vera e propria rivoluzione culturale. Seguono alcune suggestioni.
· Partire dalla scuola… Educazione fisica già nella scuola primaria? E incentivare la pratica sportiva, per quanto attiene le secondarie, anche al di fuori delle scuole dove l’educazione fisica è schiacciata, in termini orari, dalle altre materie e le strutture sono spesso inadeguate.
· Sport è salute. Un piano di prevenzione su larga scala può passare per lo sport? Al solo titolo di spunto e d’esempio, si può immaginare l’obbligatorietà della visita medico agonistica (elettrocardiogramma, prove da sforzo…) all’atto di iniziare un’attività sportiva? Con copertura da parte dello Stato. Oggi è previsto solo un certificato di sana e robusta costituzione.
· È possibile immaginare un regime di detrazioni a lungo termine per chi si avvicina alla pratica sportiva?
· Bisogna investire sull’impiantistica alla portata di tutti, moltiplicare i centri sportivi comunali, realizzare piani regolatori dell’impiantistica sportiva
E, nel breve termine bisogna sostenere concretamente associazioni, operatori, impianti. Serve una spinta forte per la ripartenza.
3) Secondo lei, quando e come sarà possibile avere una completa ripartenza del settore?
Questo è diretta conseguenza delle iniziative governative. Impossibile dirlo a rischio di superficialità.