I principali ostacoli all’attuazione del Pnrr sono la troppa burocrazia e la mancanza di competenze da parte di governatori e sindaci. Questi problemi vengono riscontrati soprattutto nel Sud Italia, che ha già dato prova nei decenni passati dell’incapacità di accesso ai fondi pubblici europei e regionali per mancanza di idee e progetti in linea con i parametri europei e nazionali, in particolare per quanto riguarda l’innovazione.
Alcune Regioni hanno segnalato un “buco” di 7 miliardi rispetto alle assegnazioni previste: 82 miliardi al posto di 89, poiché il calcolo del 40% delle risorse da destinare al Sud sarebbe stato effettuato non su 222 miliardi (Pnnr + fondo complementare) ma solo sui 206 ripartibili secondo i criteri territoriali. E alla questione fondi si aggiunge quella delle competenze: Comuni e Regioni lamentano la mancanza di esperti.
Secondo un’analisi di EY e Luiss Business School, presentata nei giorni scorsi, nel Sud Italia si è messa in moto la macchina dei cluster territoriali votati alla digitalizzazione, anche grazie alle partnership pubblico-privato. Le potenzialità ci sono ma bisognerà puntare ad una migliore connettività a banda ultralarga, sul dinamismo del sistema produttivo, sulla dotazione di capitale umano e sociale qualificato e su una pubblica amministrazione più smart.
Inoltre secondo lo studio di EY e Luiss Business School, la Sardegna e la Campania sono le regioni che hanno investito maggiormente nel settore pubblico, mentre l’Abruzzo mostra un indice di occupazione in imprese innovative superiori alla media nazionale. Sempre in Campania troviamo il maggior numero di start up innovative, mentre un trend positivo nello sviluppare innovazioni di prodotto e di processo è quello mostrato dalla Basilicata. I fondi del Pnrr potranno dunque essere utili per rafforzare queste imprese, ma sarà una sfida per le altre regioni cogliere questa opportunità.