L’articolo doveva raccontare dell’incidente stradale che ha causato la morte di un musicista noto a livello locale, ma finisce per raccontare anche del suicidio, avvenuto qualche anno prima, del fratello dell’automobilista, specificando inoltre che la causa del gesto era stata la separazione dalla moglie.
Secondo i giudici troppe informazioni inattinenti e inattendibili. Non vi erano infatti prove che il suicidio, avvenuto anni prima, di cui si parlava nell’articolo fosse legato ad una separazione che, oltretutto, risaliva a molti anni prima.
Dunque, si tratta di una intrusione nella vita privata delle persone coinvolte del tutto ingiustificata, con inoltre la violazione del diritto alla riservatezza. Non c’era, infatti, alcun interesse pubblico a conoscere particolari privi di nesso con l’incidente stradale.
Nel “circo mediatico” è inoltre entrata anche la ex moglie che pubblicamente è stata accostata all’evento tragico che aveva riguardato l’ex marito, nonché fratello dell’uomo suicida.
I giudici hanno, inoltre, tenuto conto del fatto che la notizia incriminata era stata oggetto di commenti e pettegolezzi, creando così “turbamento e dolore nell’interessata e si era ripercossa negativamente nei rapporti con i figli”.
Così la sentenza porta a condannare la testata, i cui giornalisti hanno violato l’art.4 del “Codice di deontologia relativo ad attività giornalistiche”, che si occupa del rapporto tra giornalismo e privacy e che è il primo allegato al Testo Unico dei doveri del giornalista.