La nascita del World Wide Web, o rete di comunicazione globale, getta le basi per la visione di un ipertesto multimediale a disposizione dell’umanità, consultabile da chiunque ed al quale ognuno può fornire il proprio apporto.
Al sopraggiungere del nuovo millennio la rete ha assunto una connotazione ed un’interfaccia sempre più intuibile dal punto di vista contenutistico e strutturale, tale da volgerla ad un uso popolare. Lo sviluppo delle nuove tecnologie si può interpretare come una costante espansione della sfera pubblica moderna in quella definita società in rete o network society. La propensione all’essere online networked diventa una condizione diffusa e non più una condizione di eccezionalità.
La Rete segna il passaggio da una comunicazione autoritaria ad una nuova organizzazione in cui la comunicazione si svolge lungo linee orizzontali e non verticali. Il suo straordinario potenziale di democraticità si evince dalla differenza con i mezzi di comunicazione precedenti, dove l’elaborazione delle informazioni proveniva da un unico apparato centrale, a differenza di Internet che attualmente permette la connessione periferica con una molteplicità di computer e reti ubicati in ogni parte del globo. Quello che era partito come un fruire di informazioni in un sistema classificato One-to-One, si è evoluto al punto tale da raggiungere un approccio Many to Many.
Il cyberspazio ha permesso la nascita di comunità virtuali attraverso l’uso di piattaforme sociali, dando così origine a quella definita Platform Society: un web partecipativo dove l’utente non è più solo osservatore esterno ma assume una posizione attiva. Diventa estremamente semplice passare dalla fruizione di contenuti alla loro creazione. Le piattaforme non si limitano però a svolgere la funzione di semplice canale di distribuzione di contenuti informativi o di intrattenimento; essi assumono sempre più un ruolo editoriale. Pur non svolgendo primariamente la funzione di produttori di contenuti, essi mediano i contenuti degli utenti e li organizzano e promuovono attraverso l’utilizzo di algoritmi controllati.
Ci troviamo in un’era definita dell’abbondanza comunicativa, o overload informativo; un ecosistema digitale tale da necessitare un’attività di selezione dell’offerta. Parliamo di esposizione selettiva, ossia la preferenza individuale per contenuti in linea con le proprie attitudini.
L’essere umano, in costante ricerca di approvazione e di conferme, sempre più si discosta da ciò che appare contrario alle proprie idee. Il confirmation bias, o pregiudizio di conferma, consiste esattamente in questo; una ricerca di informazioni in linea con le proprie convinzioni. Egli preferisce credere a notizie false, seppur credibili, in quanto sono perfettamente compatibili con il proprio pensiero, rimanendo così intrappolato in quella bolla che lui stesso ha configurato, confrontandosi solo con coloro che da essa non si discostano.
È proprio questo fenomeno che apre la strada all’affermazione delle cosiddette filter bubbles e delle echo chambers. L’utente finisce per ritrovarsi in queste caverne virtuali, nelle quali è portato a visualizzare in prevalenza contenuti conformi alle sue opinioni, influenze e linee di pensiero.
Gli algoritmi adottati da motori di ricerca e social media, oltre a vagliare l’informazione da proporre, producono la chiusura dell’utente all’interno di una bolla, costruita sulla base dei suoi gusti e delle sue preferenze.
Nel 2011 Eli Pariser ha coniato il termine The filter Bubble, dando vita ad una veicolazione controllata sul web. Per filter bubble si intende il fenomeno per il quale un social network, sfruttando gli algoritmi, definisce quali sono le notizie maggiormente interessanti per un certo utente, facendo si che i post da lui visualizzati siano sempre più in linea con le sue opinioni ed interessi. “Si creano delle bolle, che oltre a limitare il confronto con diversi punti di vista, tendono a filtrare la realtà dei fatti e creano un effetto eco, di amplificazione delle notizie false all’interno di sistemi chiusi”. La conseguenza di ciò è che l’utente tende ad entrare in contatto solamente con ciò che è in sintonia con i suoi gusti, ritenendo tutto il resto incorretto. Da questo derivano le cosiddette echo chambers o camere di risonanza, che annullano il dibattito e non fanno altro che rafforzare il convincimento del singolo.
Nella realtà virtuale un conformismo sociale di fondo fa sì che l’utente si adegui pienamente alla narrativa della comunità con la quale entra in contatto. Le caratteristiche del web finiscono così per amplificare i pericoli rappresentati dalla disinformazione, tanto da rinchiudere la democrazia in quella definita bubble democracy.
Bibliografia:
Paccagnella L., Sociologia della comunicazione nell’era digitale, Il Mulino, 2020.
Barile P., Libertà di manifestazione del pensiero, Giuffrè, 1975.
Van Dijck J., Poell T., De Waal M., The Platform Society, Oxford University Press, 2018.
- Pariser, The Filter Bubble. What The Internet Is Hiding From You, Londra, 2011.
Marchetti G., Le Fake news e il ruolo degli algoritmi, in Riv. diritto dei media, 2020.
Ziccardi G., Tecnologie per il potere. Come usare i social network in politica, Milano, 2019.
Quattrociocchi W., Vicini A., Misinformation, guida alla società dell’informazione e della credulità, 2017, Franco Angeli, Milano.
Cfr. G. Pitruzzella, La libertà d’informazione nell’era di Internet.