Lettura laterale, astensione dal click e controllo della fonte. Questa la tripletta vincente per non cadere nella trappola delle fake news scientifiche secondo lo studio “Lateral reading and monetary incentives to spot information about science”.
Pubblicata sulla rivista “Scientific Reports”, l’indagine ha coinvolto 5000 persone provenienti dal Regno Unito ed è stata condotta da un gruppo di esperti coordinati dal professor Carlo Martini, membro del Centro di Ricerca di Epistemologia Sperimentale e Applicata (Cresa) dell’Università San Raffaele.
I partecipanti, reclutati attraverso la piattaforma Prolific.co, avevano il compito di cimentarsi nella valutazione di una serie di articoli scientifici che gli venivano sottoposti attraverso una simulazione della bacheca di Facebook.
Nel corso dell’esperimento, gli utenti sono stati incoraggiati a mettere in pratica alcune metodologie di fact-checking. Nello specifico, la lettura laterale consiste nella verifica della notizia attraverso il controllo di pagine di altre testate scientifiche, mentre l’astensione dal click prevede che l’utente si astenga dal cliccare su una notizia se prima non l’ha verificata. Infine, la conoscenza della fonte si concretizza nel controllo dell’identità politica e degli interessi di chi ha diffuso la notizia. Come incentivi per convincere gli utenti dell’importanza di queste pratiche sono state impiegate remunerazioni economiche simboliche e finestre pop-up che, con una serie di domande, ricordavano di verificare l’accuratezza delle informazioni prima di ricondividerle.
I risultati dell’esperimento hanno evidenziato come entrambe le metodologie siano efficaci, soprattutto quando combinate tra loro.
«La disinformazione scientifica contribuisce a creare un clima di sfiducia della società nei confronti della scienza, creando tensioni nel dibattito su temi fondamentali come vaccini, adozione di misure per far fronte ai cambiamenti climatici, politiche sanitarie e sociali». Secondo i ricercatori è quindi fondamentale trovare strumenti per combattere le fake news e, contemporaneamente, educare gli utenti a una corretta verifica delle fonti.
In conclusione, lo studio suggerisce di «utilizzare incentivi monetari simbolici che, combinati con opportune tecniche di fact-checking, possono contrastare la disinformazione e incoraggiare gli utenti a porre maggiore attenzione alla pertinenza dei contenuti condivisi”.