Queste sono le conclusioni dell’avvocato generale della Corte di Giustizia dell’Ue nella decisione della Causa C-446/21, che coinvolge Meta. L’Avv. Maximilian Schrems, noto attivista nel campo della protezione dei dati e presidente onorario dell’associazione noyb, ha portato avanti la causa. Schrems ha denunciato di ricevere regolarmente pubblicità pensata per chi si identifica come omosessuale, nonostante non avesse mai divulgato il suo orientamento sessuale sui social media, fatta eccezione per una menzione durante una conferenza pubblica.
Contestando il comportamento di Facebook, l’avvocato Schrems ha citato l’articolo 9 del GDPR, il Regolamento generale sulla protezione dei dati. Il 25 aprile 2024, l’avvocato generale ha presentato le sue conclusioni, proponendo una lettura restrittiva dell’articolo 9. Secondo questa interpretazione, anche se un individuo divulga le proprie preferenze sessuali in pubblico, ciò non autorizza l’uso indiscriminato di tali informazioni. È necessario rispettare altri articoli del GDPR, come l’articolo 5 sulla correttezza e la liceità, e l’articolo 6 sul consenso o altre basi giuridiche valide.
Inoltre, l’avvocato generale ha sottolineato che il GDPR mira a evitare che le persone siano esposte a conseguenze pregiudizievoli, come il disprezzo pubblico o atti discriminatori, derivanti da una percezione negativa delle informazioni sensibili. Pertanto, l’uso dei dati personali per la pubblicità deve essere limitato nel tempo, nel tipo e nella fonte. Il principio della minimizzazione dei dati, stabilito dal GDPR, impone di limitare drasticamente l’uso dei dati personali per la pubblicità, anche se gli utenti acconsentono a tale trattamento.
LG
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