Sei giornalisti uccisi nelle prime tre settimane di quest’anno. 530 in prigione, 54 in ostaggio. La libertà di stampa, oggi, si difende anche nei numeri. Ma c’è un’altra sfida silenziosa che corre online, tra algoritmi, intelligenza artificiale e nuovi strumenti digitali.
Perché se da un lato l’AI può offrire supporto alla professione giornalistica, nell’analisi dei dati, nella verifica delle fonti, nella velocità della produzione, dall’altro apre fronti inediti: disinformazione, contenuti manipolati, notizie sintetiche senza firma. E una domanda urgente: può l’algoritmo sostituire il cronista?
Nel frattempo, l’Italia scivola al 46° posto nella classifica globale sulla libertà di stampa. Mentre in Europa entra in vigore l’European Media Freedom Act, nel nostro Paese si discute ancora di controllo della tv pubblica e di restrizioni alla cronaca giudiziaria. Un cortocircuito che mostra quanto l’informazione resti terreno fragile, tra doveri etici e pressioni esterne.
Con l’Assisi Act, l’Ordine dei giornalisti promuove un uso etico dell’intelligenza artificiale nel giornalismo. Il nuovo Codice deontologico, in vigore da giugno 2025, invece stabilisce che l’AI non può sostituire l’attività giornalistica e che ogni suo utilizzo deve essere dichiarato, verificato e sotto la piena responsabilità del professionista. L’uso dell’AI non esonera dagli obblighi deontologici, ma impone maggiore trasparenza e controllo. Per questo, la formazione professionale continua include moduli specifici sull’utilizzo corretto dell’intelligenza artificiale nel lavoro editoriale.
Quindi, l’innovazione è necessaria, ma non può fare da sola. Servono coscienza, regole e, soprattutto, persone disposte a difendere il diritto più fragile e più potente di tutti: quello di raccontare la verità.
A.C.
Diritto dell’informazione
“Diritto dell’informazione: la bussola per orientarsi tra notizie e giurisprudenza.”
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