Più del 70 % della superficie terrestre è coperta dall’acqua di oceani e mari. L’energia del moto ondoso è dovuta al vento che soffia sul mare e crea il moto superficiale periodico caratteristico delle onde. L’energia dei flussi di marea è ricavabile dalle correnti d’acqua orizzontali, che si formano in conseguenza della variazione verticale del livello delle masse d’acqua. Dunque l’energia del mare è tra le risorse rinnovabili più giovani ed è reperibile in diverse forme che si possono sfruttare impiegando turbine sottomarine ad asse orizzontale, esteticamente e tecnicamente molto simili a quelle che “trasformano” il vento in elettricità. Si possono poi sfruttare i gradienti salini e i gradienti termici dati dalle variazioni di temperatura tra le correnti che ci sono tra superficie e profondità.
Nel 2021, secondo un report dell’International renewable energy agency (Irea), l’energia marina contava una capacità installata di 524 Megawatt a livello globale. Tale cifra era molto simile a quella dei nove anni precedenti (524 nel 2020, 525 nel 2019, 526 nel 2018). Poco più della metà (241 MW) era installata in Europa, con la Francia in posizione dominante (212) e l’Italia ai margini. Questi dati mostrano che l’energia del mare è statica in quasi ogni angolo del Pianeta.
Sempre nel 2021, invece, la capacità installata di energia eolica nel mondo era di 824.874 megawatt, e 849.473 di energia solare. Un divario abissale. Ma l’Ocean energy system dell’Agenzia internazionale dell’energia (Aie) e l’Ocean energy europe 2016 sono ottimisti e credono che entro il 2050 l’energia marina avrà una capacità installata di 100 Gigawatt.
Per di più, l’ultimo report di Ocean energy europe mostra che le installazioni che catturano la potenza delle onde sono triplicate tra il 2020 e il 2021, ma si concentrano soprattutto in Scozia, Spagna, Portogallo e Paesi Bassi.
Uno dei progetti più virtuosi in Europa si chiama REWEC3 ed è stato progettato da un team di ricercatori del Noel (Natural ocean engineering laboratory), guidati dal professor Paolo Boccotti dell’Università Mediterranea. L’obiettivo consiste nel trasformare attraverso una particolare turbina le dighe portuali in strutture attive: la cresta dell’onda arriva da sinistra, l’acqua entra in una specie di camera d’aria e si muove con un pistone, per poi essere trasformata in energia.
Ne sono state costruite uno a Civitavecchia e uno a Salerno. Mancano solo le turbine e il progetto nella città campana sarà operativo nel 2023 e tenterà di ricavare energia dalle alghe. Miras Energia, azienda del gruppo Sarim, sta lavorando insieme al Comune di Pollica (Salerno) per sviluppare il primo impianto in Europa di produzione di biometano da Posidonia Oceanica piaggiata che fornirà 1,3 milioni di kWh annui di elettricità.
Al momento le correnti rimangono le più importanti. In Italia sono tipiche nella zona dello Stretto di Messina, che potrebbe produrre 125 GW/h di energia all’anno.
Questo tema è però assente dal dibattito pubblico. Sono anni che i ricercatori ne sottolineano l’importanza ma senza alcun riscontro da parte della politica, delle aziende e dei media. C’è chi la definisce la grande sfida di questo secolo, o addirittura del Terzo millennio. I principali ostacoli sono la mancanza di investimenti pubblici e lo sforzo dei governi, le difficoltà nella manutenzione degli impianti e l’impatto sulle acque. Inoltre, le tecnologie ad hoc sono ancora in fase di sviluppo. Il Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr) prevede 700 milioni di euro per le tecnologie rinnovabili innovative, ma l’energia marina viene solo menzionata.