Da aprile i clienti di alcune compagnie telefoniche tedesche, tra cui Vodafone e Deutsche Telekom, navigano su internet in maniera leggermente diversa rispetto agli utenti degli altri operatori: invece di vedere gli annunci pubblicitari attraverso i normali cookie di tracciamento di terze parti memorizzati sui dispositivi, stanno partecipando a una sperimentazione chiamata TrustPid.
TrustPid consente agli operatori di telefonia mobile di generare token apparentemente anonimi basati sull’indirizzo ip di un utente. Per ogni sito web visitato da ciascun utente viene assegnato un token diverso che può essere utilizzato per fornire consigli personalizzati sui prodotti, con un sistema che TrustPid definisce “un modo sicuro e rispettoso della privacy“. È proprio l’aspetto relativo alla privacy, però, ad aver sollevato le critiche.
Stando a Vodafone, una delle aziende che sta conducendo la sperimentazione in Germania, TrustPid offre un’alternativa che consente agli inserzionisti di sfruttare le informazioni sui clienti e, allo stesso tempo, di mantenere privati i dati degli utenti. Non tutti, però, sono d’accordo.
Gli esperti di privacy di internet hanno definito TrustPid un “supercookie” – una tecnologia in grado di collegare frammenti di dati all’indirizzo ip e al numero di telefono cellulare di un utente – e ritengono che si dovrebbe interrompere la sperimentazione e accantonare i relativi piani commerciali. Le preoccupazioni riguardano soprattutto il modo in cui gli operatori delle reti stanno prendendo il controllo di quello che dovrebbe essere un semplice passaggio di dati, a cui hanno accesso esclusivo, per trasformarlo in una piattaforma di pubblicità mirata.
William Harmer, product lead di Vodafone, sostiene che il progetto non rappresenti un supercookie dal momento che non utilizza i dati per creare profili dei clienti, a differenza della tecnologia pubblicitaria utilizzata da Verizon Wireless, che nel 2016 è stata multata per 1,35 milioni di dollari dalla Federal Communications Commission (Fcc, l’agenzia statunitense che si occupa di telecomunicazioni) per aver inserito per due anni supercookie nelle ricerche sui browser mobili degli utenti senza consenso.
Che lo si chiami token digitale o supercookie, il tentativo di TrustPid di rivoluzionare la pubblicità online ha toccato nel vivo i sostenitori della privacy digitale.
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