L’UE punta a ridurre dell’80% la sua dipendenza dal gas russo entro fine anno: la Commissione Europea ha siglato l’8 marzo l’Energy Compact, piano d’azione per eliminare la dipendenza dell’UE dal gas russo prima del 2030.
Una decisione che si colloca nel contesto delle tensioni con la Russia, che hanno portato a un caro di alcune materie prime non indifferente: questa settimana il barile di petrolio ha sfiorato i 140 dollari, e la tonnellata di grano è salita a 435 euro. L’UE importa il 90% del suo consumo di gas, e la Russia fornisce il 45% di queste importazioni, oltre che avere un certo peso anche sulle importazioni di petrolio e di carbone.
Se si ipotizza un prezzo medio del gas di 125 euro a megawattora (adesso è a 270), nel 2022 l’Europa verserebbe a Mosca circa 200 miliardi di euro, attraverso due banche controllate dal Cremlino che non sono state ancora incluse nelle sanzioni: Sberbank e Gazprombank. Questi due istituti continuano così ad avere forti afflussi di moneta forte liberamente utilizzabile, a differenza di quella bloccata nelle riserve della banca centrale. La vendita degli idrocarburi ai prezzi altissimi di oggi è dunque il canale che sta sostenendo lo sforzo di guerra di Putin, a colpi di 7-800 milioni di euro al giorno.
L’Energy Compact prevede di diversificare le forniture del gas con maggiori importazioni di gas liquefatto e una maggior produzione di biometano e idrogeno, ridurre l’uso di combustibili fossi ed aumentare l’efficienza delle energie rinnovabili.
Bruxelles intende lasciare maggiore libertà per la regolamentazione sugli aiuti di Stato, in modo da agevolare le aziende più colpite dalla crisi.
Secondo la Commissione europea in questo modo si potrebbe ridurre le importazioni di gas russo per due terzi entro fine anno; per evitare rischi di carenza di gas durante l’inverno, la Commissione intende presentare ad aprile un testo legislativo che imporrà ai paesi membri di avere riserve sotterranee piene al 90% al 1° di ottobre di ogni anno.