“Rilasciare immediatamente i giornalisti detenuti solo a causa dell’esercizio della loro professione”:
è l’“invito” lanciato ai governi dal Segretario generale delle Nazioni Unite, António Guterres. Nel
2021 infatti, secondo il Comitato per la protezione di questi lavoratori, il numero di giornalisti che si
trovano in carcere ha raggiunto livelli allarmanti: ben 294 detenuti.
I reati imputati sono i più vari: si passa dalla “più classica” diffamazione all’oltraggio a pubblico
ufficiale, per poi arrivare alle accuse di attentato alla sicurezza nazionale/ordine pubblico,
incitamento all’odio, pubblicazione di “notizie false”, blasfemia e terrorismo. Ma non solo, la
pandemia, oltre ai tanti morti e ai tanti problemi che ha causato nei vari ambiti (lavoro, stress,
sicurezza ecc.), ha avuto anche come corollario quello di far piovere accuse di disinformazione o
dicerie, danni alla salute pubblica e mancato rispetto delle restrizioni, in capo ai giornalisti.
I dati rilasciati dall’Unesco si pongono in evidente contrasto con quanto affermato dal diritto
internazionale: le sanzioni contro la libertà di espressione, infatti, dovrebbero essere applicate solo
in via del tutto eccezionale e come ultima risorsa e nei casi più̀gravi.
In aumento anche il numero dei giornalisti uccisi: 57 nell’ultimo anno. Secondo il rapporto annuale
di Reporter senza frontiere, una delle cause dell’aumento delle vittime è da attribuirsi alla guerra
in Ucraina: sono 8 i reporter che hanno perso la vita mentre seguivano il conflitto russo-ucraino,
mentre la metà dei 57 ha perso la vita in Sud America, 11 solo in Messico. Almeno 65 giornalisti e
operatori dei media infine sono attualmente tenuti in ostaggio.
di Matteo Cotellessa
Giornalista Mediaset e cultore della materia di Diritto dell’informazione e Diritto europeo
dell’informazione con il Prof. Ruben Razzante (Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano),
fondatore del portale www.dirittodellinformazione.it