Può una task force di professionisti dell’informazione risolvere il problema dell’infodemia relativa al Covid-19? E, soprattutto, il Governo italiano saprà dare priorità al problema delle fake news nel periodo di pandemia? Da queste domande comincia il mio lavoro di tesi che si è concluso il 17 dicembre 2020 con voto 99/110 e i complimenti da parte della commissione per aver affrontato un argomento così attuale e, in qualche modo, aver fatto luce su alcuni dubbi comuni. Dubbi a cui non avrei mai potuto dar risposta senza l’aiuto del professor Ruben Razzante, che ringrazio ancora una volta per aver risposto alle mie domande con grande disponibilità e sincerità.
L’elaborato è composto da cinque capitoli: i primi due hanno lo scopo di introdurre l’argomento, facendo un rapido riassunto delle principali fake news che si sono diffuse nel nostro Paese e presentando lo strumento dell’Unità di monitoraggio; gli ultimi due comprendono le proposte, il programma operativo e l’intervista a Ruben Razzante volta a concludere la ricerca, mentre nel mezzo è collocato un capitolo sui pareri contrari.
Il contrasto è la miglior difesa.
Il 4 aprile 2020 è stata istituita l’Unità di monitoraggio per il contrasto alla diffusione di fake news relative al Covid-19 sul web e sui social media. Per condurre il gruppo è stato scelto Andrea Martella, l’allora sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei ministri con delega all’editoria. A dare l’annuncio della nascita della nuova task force è proprio Martella che sul suo profilo Twitter ringraziava i colleghi che avrebbero lavorato al suo fianco: Riccardo Luna, Francesco Piccinini, David Puente, Ruben Razzante, Roberta Villa, Luisa Verdoliva, Giovanni Zagni e Zollo Fabiana. Al progetto partecipa anche AGCOM – Autorità amministrativa indipendente italiana di regolazione e garanzia -, ma anche la Protezione Civile, il Ministero della Salute e il dipartimento per l’informazione e l’editoria.
Il Governo italiano ha quindi creato questo gruppo di esperti – in vigore fino alla fine della pandemia, ma in ogni caso per non meno di un anno – per contrastare la diffusione delle fake news. È proprio sulla parola “contrasto” che si è basato tutto il lavoro della task force e questo è evidente dal primo decreto, all’ultimo – nonché unico – programma operativo. Nonostante lo scopo sia evidente da subito, soprattutto perché specificato nel nome del gruppo di esperti, non tutti sono stati d’accordo con la sua istituzione, inclusi alcuni personaggi politici, come la leader di Fratelli d’Italia, Giorgia Meloni. La sua accusa, ma anche quella di molti altri cittadini, è di aver creato uno strumento di censura quasi orwelliano. Accusa che ben presto viene smentita grazie alla pubblicazione del primo rapporto pubblicato il 9 giugno 2020.
Nel documento viene presentato un programma operativo che così si può riassumere: armonizzazione dei contenuti istituzionali, corsi di formazione e campagne di sensibilizzazione. Per quanto possano sembrate soluzioni semplici, sono essenziali per la costruzione di una buona informazione che vada a contrastare l’infodemia. Per attuare queste buone pratiche non serviva altro che utilizzare i canali già a disposizione della popolazione e del Governo, come il sito del Ministero della Salute, che avrebbe dovuto essere la sede di una FAQ contenente risposte alle domande più frequenti dei cittadini, così come le varie pagine social, compreso il canale YouTube. Qui avrebbero dovuto susseguirsi brevi video finalizzati alla comprensione delle notizie e all’individualizzazione di fake news.
Anche i corsi per i comunicatori istituzionali non sono un terreno sconosciuto al nostro Governo: da anni, infatti, si invitano gli esperti a utilizzare un linguaggio più semplice, alla portata di tutti. Elemento indispensabile per creare un rapporto di fiducia tra le istituzioni e i cittadini, soprattutto in un momento tanto delicato come quello della pandemia.
Le premesse erano sicuramente positive, ma saranno stati consigli utili? Ma, soprattutto: il Governo avrà ascoltato all’Unità di Monitoraggio attuando il programma operativo, mettendo il primo piano la questione infodemia? A queste domande non è stato possibile dare risposte cercando documenti e articoli sul web. Proprio per questo motivo è stato intervistato un componente della task force, il professore e giornalista Ruben Razzante.
Quanto conta l’infodemia per il nostro Governo?
Razzante racconta – con grande rammarico – che gran parte, se non tutte le proposte stilate all’interno del primo rapporto, non sono state ascoltate, avendo dato priorità ad altre questioni. Sono numerose le proposte che sembrano non essere state prese in considerazione dal Governo, per non dire tutte, nonostante il programma operativo sia stato approvato e firmato da tutti i componenti della task force, che includeva un componente dello stesso Governo, ovvero un rappresentante del Consiglio dei ministri, ma anche un rappresentante per il Ministero della Salute.
Secondo il parere di Ruben Razzante ai vertici avrebbero allentato la presa sul tema infodemia nei mesi estivi, forse pensando che il problema fosse in parte risolto o per lo meno si fosse ridimensionato. Purtroppo però, il professore afferma di continuare a ricevere quotidianamente segnalazioni su fake news diffuse sul web e sui social network, ma soprattutto contenuti contradditori che cambiano da un sito all’altro, confondendo ancora di più i cittadini e gli utenti.
A questo punto è lecito domandarsi perché si è deciso di istituire uno strumento, se poi non lo si è adeguatamente utilizzato. “Ritengo che noi eleggiamo dei parlamentari e le istituzioni in generale hanno già tecnici e politici in grado di risolvere alcune criticità – spiega Razzante -, ricevendo anche una retribuzione. Invece durante una pandemia che è anche un’emergenza storica e planetaria, ritengo che tutte le persone che possono essere utili, che abbiano qualcosa da dire su temi specifici, debbano contribuire ad aiutare il proprio Paese se lo amano, proprio come ho fatto io”. Ha aggiunto poi di aver accettato di partecipare senza la pretesa di sconfiggere alcune criticità per loro natura impossibili da contrastare, come le fake news che non investono solamente la produzione dei contenuti, ma anche la loro distribuzione.
Quindi, se sia stato utile o meno il lavoro dell’Unità di monitoraggio è impossibile da dire. Quello che con sicurezza possiamo affermare è che il Governo, non avendo dato ascolto ai preziosi consigli, ha perso l’occasione di recuperare una parte di fiducia nei confronti di un popolo che piuttosto di informarsi nel modo corretto è pronto a gridare al complotto in ogni occasione, a scapito anche di quei professionisti che hanno volontariamente deciso di prestarsi gratuitamente al proprio Paese, per risolvere un problema che il Governo da solo non riesce a risolvere.