Il tema delle intercettazioni è da sempre argomento di grande interesse e di particolare sensibilità, poiché riguarda un’attività svolta in violazione del diritto dei cittadini alla tutela della propria riservatezza.
Il caso dei “video hot” che ha travolto Pietro Tidei, sindaco di Santa Marinella (RM), costituisce l’esempio migliore dei danni che la realizzazione e la diffusione incontrollate di intercettazioni penalmente irrilevanti possono produrre sul piano personale, famigliare, sociale e politico.
Il filmato risulta infatti irrilevante ai fini dell’indagine, in quanto raccolto attraverso telecamere installate nell’ufficio del primo cittadino in relazione ad un’inchiesta su una presunta congiura contro il sindaco. Sono oltre 4 mila ora di registrazioni e di intercettazioni telefoniche e quei frammenti sono irrilevanti per la magistratura.
Ma per ragioni diverse è proprio il primo cittadino, Pietro Tidei, 77 anni, a finire al centro del dibattito. Quelle microspie sono state installate per verificare la presenza di eventuali corrotti e corruttori e nulla avevano a che fare con il sindaco Tidei. Ma quei video esistono e sono stati resi pubblici: “È chiaro che si tratta di una vendetta politica, no? Cioè sono fatti privati che nulla avevano a che fare con l’inchiesta e dei quali non intendo parlare”, ha spiegato Tidei al Corriere della Sera.
“Non sono disposto ad accettare nessuna intromissione nella sfera privata. Io ho denunciato la corruzione, altri si sono vendicati per colpirmi politicamente. Ho denunciato chi ha diffuso le immagini, commettendo un reato. E chi ha cercato di colpirmi, ne pagherà le conseguenze come sta già avvenendo”, ha dichiarato il primo cittadino.
Tramite l’intercettazione ambientale, ricorda l’avvocato Lorenzo Mereu, che assiste il sindaco, “vengono captati sia elementi utili di indagine, sia fatti totalmente inutili”. E proprio tra questi fatti irrilevanti per le indagini ci sono i video “hot”.
Dopo la chiusura delle indagini il Pm metterà a disposizione degli indagati i file di indagine da lui ritenuti utili e pertinenti al processo, quindi teoricamente, non i video di cui si parla.
Dopo questo passaggio, avverte l’avvocato, “vi è stato nel caso in esame, un corto circuito: non si è in grado di comprendere bene quello che è successo perché ancora la persona offesa, il sindaco, non ha ricevuto alcun atto che gli consenta di accedere al fascicolo di indagine”.
Le intercettazioni rilevanti secondo il Pm sono messe subito a disposizione degli avvocati degli indagati e questi ultimi possono estrarne una copia. Le intercettazioni che gli inquirenti non ritengono utili e che invece sono potenzialmente in grado di provocare danni a persone estranee ai fatti contestati vengono inserite in uno speciale archivi.
Questo archivio riservato può essere soltanto “ascoltato e visionato” dagli avvocati degli indagati, che quindi non possono in alcun modo estrarne una copia.
Nel caso in esame, spiega ancora l’avvocato di Tidei, “un indagato ha ottenuto i dati sensibili presenti nell’archivio “riservato” che non riguardano fatti utili alle indagini e ne ha diffuso il contenuto. Quindi in buona sostanza si può affermare che vi è stato un enorme errore nel consentire agli indagati di avere a disposizione atti del giudizio estranei ed irrilevanti per la loro difesa ma assolutamente necessari, dal loro punto di vista, per denigrare non solo un avversario politico ma colui che con coraggio ha denunziato le loro malefatte“.
Da tempo si tenta una ragionata revisione della disciplina delle intercettazioni. Sono anni che si conoscono i limiti delle norme vigenti. Molte proposte erano state avanzate e costituiscono una buona base per definire con maggior precisione i casi in cui le intercettazioni sono ammesse.
È necessario quindi che si acquisisca piena consapevolezza del fatto che, in ogni caso, le intercettazioni sono uno strumento d’indagine che porta con sé rischi elevati per le libertà delle persone, soprattutto in relazione alla diffusione di materiale irrilevante ai fini delle indagini.
C.L.
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