“Le farmacie sono ormai centri polifunzionali di servizi”

In questa intervista, Andrea Mandelli, Presidente della Federazione degli Ordini dei Farmacisti Italiani, rivendica l’importanza delle farmacie durante la pandemia. Occorre potenziare strumenti come il Fascicolo sanitario elettronico e il Dossier farmaceutico, per favorire la collaborazione tra i diversi professionisti della salute, nel primario interesse dei cittadini.

 

Avete avuto un ruolo importante dall’inizio dell’emergenza Covid-19. Qual è nel dettaglio l’impatto che il coronavirus ha avuto sul vostro settore?

Le farmacie si sono ritrovate di colpo a essere l’unico presidio sanitario sempre accessibile sul territorio, in una fase in cui era proibitivo rivolgersi al pronto soccorso e anche al medico di medicina generale, sia per il rischio di contagio sia per la drastica riduzione della mobilità. Le farmacie di comunità sono sempre rimaste aperte, anche la notte e nei giorni festivi, e abbiamo cercato di dare una risposta a tutti i bisogni dei cittadini. Non va mai dimenticato che accanto alla risposta alle richieste indotte dall’emergenza, si è continuato ad assicurare l’assistenza farmaceutica ai malati cronici, l’attività di consiglio a chi si rivolgeva al farmacista per disturbi come una cefalea o un dolore articolare. E poi abbiamo anche dovuto affrontare un lavoro enorme di informazione del pubblico, bombardato da una massa di informazioni, spesso infondate, e di disposizioni non sempre facili da comprendere. Ma i farmacisti non operano soltanto nella farmacia di comunità: nell’ospedale hanno lavorato a fianco dei clinici e dei medici di laboratorio, assicurando la continuità delle forniture di medicinali e dispositivi, così come nelle strutture del SSN, sul versante organizzativo, nell’industria e nella distribuzione, nella ricerca. A tutti loro va detto grazie per questo impegno instancabile, che molti hanno pagato ammalandosi, contiamo 800 contagiati, e anche con la morte: 14 colleghi sono stati uccisi dalla COVID-19 contratta in servizio.

 

Quali azioni avete intrapreso per gestire l’emergenza?

La Federazione degli Ordini dei Farmacisti già il 31 gennaio aveva divulgato le misure di prevenzione del contagio indicate dall’OMS: ci era apparso subito chiaro che si stava creando una situazione molto pericolosa. La nostra prima preoccupazione è stata fornire indicazioni per la messa in sicurezza dei nostri presidi, a tutela dei pazienti e dei colleghi. E ci siamo poi adoperati per risolvere le prime criticità: è il caso della carenza delle soluzioni igienizzanti, cui abbiamo risposto dando indicazioni per la preparazione di questi prodotti nei laboratori galenici delle farmacie. Ci siamo attivati per ovviare alle difficoltà di distribuzione dell’ossigeno a domicilio, che era ostacolata dall’impossibilità di riutilizzare tutte le bombole, e abbiamo operato per risolvere tanti altri aspetti che magari sfuggono al pubblico ma erano cruciali per garantire l’assistenza. E poi c’è il capitolo fondamentale della gestione delle prescrizioni: se oggi il medico può limitarsi a inviare il numero della ricetta elettronica al paziente per via telematica è perché il farmacista provvede a generare il promemoria cartaceo e gli altri adempimenti. Tutto questo ha dato un contributo fondamentale a diminuire la mobilità delle persone e quindi le occasioni di contagio.

 

Che cosa cambierà quando torneremo alla “normalità”?

Dovrà cambiare tutto. L’emergenza ha dimostrato quanto sosteniamo da anni: la sanità italiana ha bisogno di una rete territoriale forte, in cui i farmacisti di comunità, il medico di medicina generale e l’infermiere collaborano per la presa in carico dei pazienti. I malati cronici, soprattutto, devono poter essere curati e assistiti sul territorio senza andare a ingolfare gli ospedali, che devono essere riservati alle urgenze, agli episodi acuti. Se non si raggiunge questo obiettivo, alla prossima pandemia assisteremo di nuovo alla crisi delle strutture di ricovero, che dovranno dirottare tutte le risorse sull’emergenza. Ricordo che i cardiologi italiani hanno denunciato una drammatica diminuzione della risposta ai casi di infarto in questo periodo. Ma se sul territorio il cardiopatico potesse essere seguito a 360 gradi, assicurandosi che segua sempre le terapie, grazie all’intervento del farmacista e del medico curante, avremmo meno casi in assoluto e un carico minore per l’ospedale. In questo cambiamento avrà un ruolo fondamentale il modello della farmacia come centro polifunzionale di servizi, la cui sperimentazione era iniziata proprio alla vigila della pandemia. Aggiungo che c’è anche un’altra grande lezione che viene da questa tragedia: il nostro paese non può permettersi, in un settore strategico come quello biomedico, di dipendere in questa misura dalle cosiddette filiere lunghe. Che si tratti di farmaci, di apparecchiature complesse o di presidi semplicissimi come le ormai famose mascherine, l’Italia deve poter contare su una capacità produttiva nazionale.

 

Che ruolo hanno le tecnologie nello sviluppo del vostro business?

Rifiuto la definizione di business: si tratta di rendere sempre più adeguata al mutare dei bisogni sanitari una professione che ha una storia lunghissima e che in questa storia ha mostrato di sapersi innovare costantemente. Nel nostro modello di evoluzione della professione, che abbiamo presentato nel 2006, il ricorso alle tecnologie è un elemento fondamentale. Sosteniamo da allora che la sanità deve essere strutturata in modo che siano le informazioni a spostarsi e non le persone. Strumenti come il Fascicolo sanitario elettronico, e il Dossier farmaceutico che abbiamo ottenuto fosse presente al suo interno, sono fondamentali non solo per tracciare il percorso di cura del paziente, ma per favorire quella collaborazione tra i diversi professionisti della salute di cui parlavo prima. Lo stesso vale per la telemedicina, per i sistemi di teleconsulto e tante altre metodiche. Non è più pensabile che per la dispensazione di un farmaco, per esempio, si debba ricorrere ancora a un foglio di carta. Le app, per intenderci, non possono sostituire i professionisti ma oggi il professionista non può operare efficacemente se non può contare sulle app.