Sergio Lepri, direttore dell’agenzia Ansa dal 1961 al 1990, è morto a Roma il 20 gennaio 2022, all’età di 102 anni.
Aveva iniziato dirigendo il giornale clandestino “L’Opinione del Partito liberale”, fra il 1943 e il 1944, a Firenze, e nel 1945 era diventato giornalista professionista. E’ stato caporedattore de “Il Giornale del Mattino” di Firenze dal 1953 al 1956, poi capo del Servizio stampa della Presidenza del Consiglio durante il Governo Fanfani dal 1958 al 1959.
Approdò ad ANSA nel settembre del 1960 e fu nominato prima vicedirettore nel gennaio 1961 e poi, un anno dopo, direttore.
Con lui l’agenzia avviò una fase di crescita fino a diventare negli anni ’70– dopo Ap, Afp, Reuters – la quarta nel mondo, in competizione con la tedesca Dpa e la spagnola Efe.
Lepri fu innovatore, anche in ambito tecnologico: il primo archivio digitale delle notizie in Europa si deve a lui.
Era appassionato ed entusiasta nell’insegnare i “trucchi” del mestiere, che per lui trucchi non erano, bensì regole precise da osservare per fare bene questo lavoro: una di queste, forse la principale, prevedeva una rigorosa separazione tra fatti e opinioni.
Ha sempre sostenuto che “giornalisti si diventa”, a patto di avere “curiosità di conoscere e capacità di analisi critica”.
Aveva ricevuto nel settembre del 2019 una medaglia-ricordo del Consiglio Nazionale dell’’Ordine dei Giornalisti in occasione dei suoi 100 anni con la dicitura ‘Al maestro del giornalismo’.
“Sergio Lepri è stato un esempio e un maestro per più di 4 generazioni di giornalisti italiani: serio, autorevole, onesto”, ha dichiarato Giacomo Lasorella, presidente dell’Autorità per le garanzie nelle Comunicazioni (Agcom) , che ha aggiunto:
“Ha fatto dell’ANSA una delle maggiori agenzie giornalistiche del mondo, imponendo uno stile sobrio e rigoroso. Mancherà a molti e mi auguro che il suo esempio e i suoi insegnamenti continuino ad essere un modello per chi si occupa di informazione”.
Anche il presidente della Repubblica Sergio Mattarella ha voluto ricordarlo: “Con Sergio Lepri scompare un prestigioso direttore, maestro di professionalità e deontologia per generazioni di giornalisti, e un testimone attento e partecipe di lunghe e decisive fasi della storia italiana”.