Al centro della questione vi è l’interazione, sempre più dinamica, tra adolescenti e strumenti di Intelligenza Artificiale. Infatti, nell’ultimo periodo, si sono affermate nuove versioni di chatbot generativi: queste sembrano essere il “braccio destro” degli studenti nelle attività di apprendimento e formazione.
In questa direzione, OpenAI ha deciso di intervenire in prima linea, implementando sistemi di sicurezza per l’uso di ChatGPT. Questi modelli sono stati ideati e progettati ad hoc per i genitori: sono veri e propri strumenti di supervisione per i figli adolescenti. Il punto focale è creare un equilibrio tra innovazione, privacy e responsabilità educativa: non si tratta solamente di gestire i contenuti, ma soprattutto di moderare il rapporto tra AI e progresso umano.
Ma da dove nasce l’urgenza di regolamentazione? Il tutto muove dalla necessità, da parte della figura genitoriale, di sorvegliare le conversazioni e le interazioni tra il minore e il chatbot. La questione, senza dubbio, diventa ancora più complessa e allarmante laddove si toccano tematiche delicate, come autolesionismo o a sfondo sessuale.
Alcuni studiosi sostengono che i giovani che faticano a interagire, preferiscono di gran lunga comunicare per ore con chatbot. Il motivo di tale preferenza è essenzialmente imputabile alla natura “apatica” e non giudicante di strumenti come ChatGPT: amici fedeli con cui confidarsi liberamente. Ma, a tal proposito, sono sempre di più gli studiosi che indagano l’influenza che gli ambienti digitali hanno sulla crescita dei giovani.
Quali sono le novità introdotte da OpenAI? Queste coinvolgono attivamente gli adulti, che possono mettere limiti orari, disattivare la modalità vocale e la memoria di ChatGPT e bloccare la generazione di immagini. Inoltre, nelle casistiche più estreme rilevate nelle conversazioni, vengono attivate notifiche di avvertimento indirizzate ai genitori.
L’obiettivo è di raggiungere un modello di AI “family friendly”, integrando trasparenza, controllo e consapevolezza.
L.V.
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