L’AI procede sempre di più nel trasformare il mercato di lavoro: diventa la vera protagonista della ridefinizione degli equilibri geopolitici. Il rischio è che la tecnologia comprometta le capacità e le competenze umane.
Nel valutare l’impatto dell’Intelligenza Artificiale sulle risorse umane, è necessario valutare il lungo periodo. Nell’analisi bisogna prendere in considerazione specifiche variabili, come potenziali modifiche nell’offerta di lavoro o nella capacità di adattamento dei singoli lavoratori.
All’interno del contesto aziendale, quello che emerge è un aumento del divario tra le ambizioni di utilizzare l’AI e la capacità di sfruttarle. In primo luogo, causa è la mancanza di specialisti ma anche la necessità di accumulare competenze diverse. Invece a livello più generale, nel mese di agosto è stato registrato un crollo significativo delle azioni di società tecnologiche proprie del settore dell’AI. Questo ha comportato un generale aumento del livello di incertezza.
Inoltre, sono emersi rischi anche nel settore medico e nel campo della scrittura scientifica. Nel primo caso, considerando le risorse umane, il pericolo è quello del “deskilling”. Infatti, i medici endoscopisti propensi all’uso di AI, quando non ne dispongono, hanno una maggiore propensione a compiere errori rispetto a quelli non abituati ad usufruirne. Nel secondo caso emerge come un gruppo di scrittori che utilizza l’Intelligenza Artificiale solo per revisionare l’articolo dispone di una maggiore connettività celebrale rispetto ad un gruppo che si è servito dell’AI per la stesura dello stesso.
Si tratta di una vera e propria arma a doppio taglio: da un lato l’AI richiede capacità critiche per il suo utilizzo sia in ambito aziendale sia di ricerca, dall’altro sembra compromettere le funzioni della mente umana.
L.V.
