ALLARME NEET IN ITALIA

Nel nostro paese si diffonde sempre di più l’allarme legato al circolo vizioso della povertà educativa che diventa anche povertà economica, alimentata dall’aumento vertiginoso dei cosiddetti Neet, giovani tra i 15 e i 34 anni che non studiano e non lavorano.

Lo scoraggiamento nel ricercare un lavoro porta la maggior parte di questi all’inattività, soprattutto i diplomati e coloro dotati di un titolo di studio minore.

Complice anche la pandemia, la quota di Neet è cresciuta a ritmi vertiginosi negli ultimi anni, garantendo all’Italia un triste primato a livello europeo.

In Italia un ragazzo su tre (tra i 25 e i 29 anni) non ha un lavoro e non è nemmeno inserito in un percorso scolastico o formativo in generale.

I Neet si concentrano specialmente nel Sud Italia con una prevalenza femminile, legata soprattutto alla disparità di genere nei carichi di cura che impediscono o suggeriscono alle donne di rimanere fuori o uscire dal mercato del lavoro.

Il quadro preoccupante, caratterizzato da disuguaglianze territoriali, di genere e di cittadinanza, presentato da ActionAid e Cgil nel Rapporto “Neet tra disuguaglianze e divari.Alla ricerca di nuove politiche pubbliche”, fa eco all’allarme lanciato da Save the Children e Fondazione Agnelli, che hanno presentato i dati di “Uno sguardo sull’istruzione” elaborati dall’Ocse, l’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico che comprende 38 Paesi.

Da questo rapporto emerge come l’Italia sia uno dei Paesi dell’Organizzazione in cui il tasso di laureati fra i 25 e i 34 anni aumenta più lentamente, con la laurea che non è ancora il titolo di studio più diffuso in questa fascia d’età.

Ancora, mentre negli altri Paesi sviluppati un laureato, nel corso della vita lavorativa, guadagna il doppio di chi non ha un titolo di studio terziario, da noi questo vantaggio si riduce al 76% in più.

Per ovviare a tutta questa serie di problemi risulta necessario dunque investire di più nell’istruzione, che dovrà essere un tema centrale nell’agenda del prossimo governo. Infatti, mentre paesi Ocse in media nel 2019 hanno investito nella scuola il 4,9% del Pil, da noi questa quota è ferma al 3,8%.