CANADA, OBBLIGO PER I COLOSSI DEL WEB AL PAGAMENTO DEI MEDIA

Hands waving flags of Canada

Sulla scia di quanto fatto in Australia, il paese Nord Americano ha presentato i dettagli di una proposta di legge che costringerebbe i giganti del web a negoziare accordi con gli editori pagando i loro contenuti.

La legge “House of Commons bill C-18”, ribattezzata anche “Online News Act”, è una battaglia del ministro per il patrimonio canadese Pablo Rodriguez e, oltre a far fronte alla crisi del settore dell’informazione, ha lo scopo di regolamentare i rapporti tra le big tech e gli editori e di contrastare la cattiva informazione considerata una minaccia per la democrazia.

Nel dettaglio la legge chiederà alle piattaforme di concludere accodi equi con gli editori. Nel caso in cui tali accordi non dovessero rispettare i criteri stabiliti, scatterebbero procedure di contrattazione obbligatoria con l’intervento dell’authority di regolamentazione del sistema radio tv e tlc.

La normativa riguarderebbe gli editori che operano in Canada, inclusi giornali e testate con una presenza digitale, e consentirebbe loro di contrattare individualmente e in gruppo.

“Grazie a questa legge, i giganti del web dovranno essere responsabili, contribuire alla creazione di un ecosistema di notizie più equo, un ecosistema che sostiene l’indipendenza, la libertà di stampa”, ha detto il ministro del Patrimonio canadese, Pablo Rodriguez.

Dal 2008, raccontano i numeri citati da Reuters, più di 450 testate hanno chiuso nel paese.

Gli editori hanno fatto diverse pressioni e chiesto più regolamentazione per le big tech, per consentire al settore di recuperare le perdite subite per l’espansione di Facebook e Google che hanno rapidamente eroso quote nel mercato pubblicitario.

Aperture sono arrivate da parte di Facebook e Google, che si sono dette disponibili a collaborare con le autorità.

Il ministro stima che la legge potrebbe portare fino a 200 milioni di dollari canadesi in rimborsi, approssimativamente la stessa cifra che ad un anno dalla legge Google e Facebook hanno pagato ai media australiani.