Come l’intelligenza artificiale cambia il mondo dell’arte

Da decenni ormai, la tecnologia è entrata a pieno regime nella nostra vita quotidiana, a tal punto da coinvolgere anche coloro che hanno sempre mostrato reticenza nei confronti dell’impiego della macchina a servizio dell’uomo. Ci confrontiamo quotidianamente con questo fenomeno e osserviamo come, in particolare, l’Intelligenza Artificiale si sia sviluppata a una velocità vertiginosa, ingerendosi in ogni aspetto della nostra esistenza.

Come hanno sostenuto numerosi studiosi, stiamo assistendo alla Quarta Rivoluzione Industriale.

In questo processo appare coinvolta anche l’Arte, da sempre considerata dominio esclusivo della creatività umana. L’impiego della tecnologia in qualità di mezzo espressivo diverso da quelli della tradizione permette, in uno stesso contesto creativo, di trasmettere il messaggio e funge da connessione fra il momento produttivo e quello di fruizione dell’opera.

E se tutto questo non fosse sufficiente? E se a creare non fosse più l’artista, quindi un essere umano, ma fosse una Intelligenza Artificiale (IA) ?

Non stiamo assistendo alla proiezione dell’ennesimo film sui robot, perché la realtà ha superato la fantasia e siamo di fronte a una nuova era dell’Arte, nella quale la creazione è affidata totalmente a delle macchine pensanti.

E’ trascorso poco più di un anno e mezzo da un evento che ha dato avvio ufficialmente a questa tendenza: nell’ottobre 2018, la prestigiosa casa d’aste Christie’s ha venduto il primo quadro generato dall’IA per $ 432.500. Si trattava di un ritratto intitolato Edmond de Belamy. Questa grafica avrebbe dovuto essere venduta per $ 10.000. L’opera, accompagnata da una scritta “la creatività non è solo per gli umani”, è stata ideata da un gruppo di giovani studiosi che hanno scelto di chiamarsi “Obvious”.  Si tratta di un collettivo di artisti e ricercatori, guidato da una sensibilità non comune per quanto riguarda le questioni legate al crescente avvento dell’IA e dell’apprendimento automatico. Strenui sostenitori della loro missione, dichiarano nel loro “Manifesto” che tra gli obiettivi che perseguono vi è quello di democratizzare i processi tecnologici, attraverso la creazione di opere d’arte. Da un paio di anni, ormai, si dedicano a approfondire le potenzialità insite nella scoperta di Generative Adversarial Networks (GAN).

Il ritratto di de Belamy, che riporta la firma dell’algoritmo che lo ha generato, è stato creato inserendo in questo sistema 15.000 ritratti dipinti tra il XIV e il XX secolo.

Questo esperimento non è l’unico, infatti nel panorama artistico internazionale circolano diversi esempi di impiego dell’IA nel regno della pittura e del disegno.

Uno dei primi è il lavoro di Harold Cohen che ha indagato l’intersezione tra Arte e IA, creando un programma per computer AARON che produce Arte in modo autonomo.

Anche la prestigiosa Pace Gallery di Londra ha avviato PaceX, una nuova iniziativa a supporto dei progetti dedicati all’impiego della tecnologia per generare prodotti artistici.

Avvalendosi di un team di esperti di rilevanza internazionale, ha dichiarato di volersi imporre come punto di riferimento per garantire le infrastrutture che mancano a supporto di questa nuova tipologia di creazione. Nel 2016 ha aperto uno spazio-galleria permanente a Palo Alto, nel cuore della Silicon Valley, dopo aver gestito per due anni uno spazio nel Menlo Park.

Un altro caso molto interessante è quello di TeamLab Borderless, realizzato da un gruppo di artisti e curatori giapponesi.  Si presentano come un mondo di opere d’Arte senza confini, un museo senza una mappa. Visitando il sito, si possono notare opere che escono dalle stanze, comunicano con altre, mescolandosi fra di loro. Si tratta di un invito rivolto agli spettatori di vagare, esplorare intenzionalmente, scoprire e creare un nuovo mondo, immergendo il proprio corpo nell’Arte senza confini, in una realtà tridimensionale di 10.000 metri quadrati.

Consultando la rete, si possono trovare decine di mostre ed eventi che mettono in evidenza l’intersezione tra Arte e tecnologie contemporanee. Si tratta di progetti internazionali per spazi pubblici, gallerie, aziende, conferenze, festival d’arte, organizzazioni no profit e università che vedono come protagonisti non solo gli artisti, ma anche i colossi dell’industria tecnologica e prestigiosi musei nel mondo, come ad esempio il MOMA di New York.

Seppur nella loro eterogeneità, condividono un’unica finalità: insegnare ai sistemi di IA a comprendere e replicare e/o elaborare le opere già create dall’uomo.

Che si tratti di dipinti, di musica, di fotografia, di video o di qualche altra forma d’Arte, il concetto rimane lo stesso: nutri l’algoritmo con un set di dati e l’IA produrrà le opere che fondono insieme gli stili.

L’asta di New York è stata anche l’occasione del summit “Art + Tech Summit 2019: The A.I. Revolution” che ha riunito accademici, artisti e esperti del settore per una serie di confronti finalizzati ad esplorare le conseguenze dell’IA nel mondo della creatività.

Tra i partecipanti, in qualità di relatori, citiamo Hyundai ARTLAB, Google, Pace Gallery, MIT Technology Review, Pace, Metropolitan Museum of Art, The New Museum e molti altri. Diversi sono stati i temi affrontati: l’impatto dell’apprendimento automatico sul mercato dell’Arte, le implicazioni legali, etiche e sociali dell’IA, il futuro del collezionismo nell’era digitale e gli sviluppi di questa tecnologia emergente.

L’evento che accompagnava il summit è stata la proiezione dell’opera in movimento “Yugen”, di Martha Fiennes, prodotta da Tendercapital. L‘artista, per realizzare il video, è ricorsa alle possibilità offerte da Unity Gaming Engine. Si tratta di una macchina che usa l’IA per decidere le sequenze da impiegare e in quale ordine. Prende tutte le decisioni in tempo reale e quindi forma le proprie scene, sempre diverse e inedite, liberando il regista dal pieno controllo dell’idea narrativa.

Ciò che emerge chiaramente è il fatto che l’IA possa originare una serie di infinite possibilità nel regno creativo. Gli artisti lavorano con le macchine per creare qualcosa che deve ancora essere immaginato. Gli algoritmi possono essere considerati dei pannelli, i quali, mossi da complessi parametri matematici, aprono ad una miriade di risultati.

Appare evidente che in un futuro, forse già presente, gli algoritmi rimpiazzeranno gli artisti.

E mentre i diversi operatori del sistema internazionale si pongono domande circa i possibili scenari che ci attendono, le sperimentazioni GAN sembrano non conoscere alcuna sosta.

Infatti questi algoritmi apprendono da grandi quantità di dati, e li usano, come è accaduto per il ritratto, per generare nuovi risultati dopo un lungo periodo di addestramento. Ma il fatto che apprendano, non significa che siano autonomi. Ma allora, qual è il vero fattore creativo di questo processo? Non dimentichiamo che l’algoritmo ha bisogno di essere seguito per mesi prima di produrre qualcosa di lontanamente interessante. Che cosa si vuole ottenere? Un risultato estetico o qualcosa di più? Il prodotto finale è il risultato di un lungo processo di attenta selezione dei dati di input, di calibrazione dei parametri matematici e poi di verifica dei risultati per trovare quello più vicino a ciò che si desidera. Molti sono i quesiti che si pongono: da quelli di tipo etico e sociale a quelli economici e legali.

Sono infatti sempre più numerose e complesse le problematiche giuridiche connesse all’utilizzo di opere legate alle IA. Senza aver la pretesa di definire in questa sede le IA, stante la molteplicità di tentativi definitori, e gli specifici ambiti di competenza, esse, attraverso l’informatica, sviluppano specifici algoritmi in grado di fornire all’elaboratore risultati che, a un osservatore comune, sembrerebbero riconducibili esclusivamente alla mente umana. Ed infatti, si è potuto brevemente osservare che sono sempre più numerosi gli utilizzi di IA per la riproduzione e/o elaborazione di opere o di materiali protetti di autori noti, meno noti, in ogni ambito artistico. Si pensi, per esempio, all’esperimento sopra richiamato, unico al mondo, che impiega alcuni algoritmi per elaborare migliaia di dipinti, concepito da Christie’s che ha inaugurato a New York la prima asta dedicata all’Arte generata dall’IA. L’elaboratore ha raggruppato in una categoria alcuni ritratti in base al periodo ed allo stile. L’algoritmo ha prodotto un’opera nuova che ha creato uno stile espressivo. Si sono generati, quindi, programmi di computer in grado di apprendere adattarsi ed adoperare i concetti ottenuti in un nuovo ambiente che deve essere tutto disciplinato giuridicamente. Stante la velocità con cui il mondo si muove, è necessario coordinare la normativa europea con quella a tutela del diritto d’autore. La Legge n. 633/1941 e ss.mm., d’ora in avanti l.d.a., contempla una serie di diritti esclusivi spettanti all’autore di un’opera che non si esauriscono nel diritto di riproduzione dell’opera o di parti di opera ma ricomprendono anche il diritto esclusivo dell’autore di autorizzarne modificazioni, trasformazioni ed elaborazioni ai sensi degli artt. 4 e 18 della l.d.a., comprese “le modificazioni ed aggiunte che costituiscono un rifacimento sostanziale dell’opera originaria”. Non bisogna, infatti, dimenticare il principio generale che l’autore può impedire che l’opera venga modificata senza il suo consenso e può controllare qualsiasi utilizzazione anche in forma rielaborata della stessa. Pertanto, l’elaborazione e/o la rielaborazione di un’opera, sebbene possa realizzare un’altra e diversa opera, sulla quale potrebbe insistere la tutela da parte della l.d.a, deve sempre avvenire con il consenso dell’autore dell’opera originaria senza il quale l’utilizzo dell’opera derivata si configura come illecito. Premesso che tutti i diritti patrimoniali d’autore, ivi compreso il diritto di riproduzione sopra indicato, hanno una durata di settanta anni dopo la morte dell’autore, sino a che non sia decorso tale termine, l’opera non potrà essere utilizzata – e nello specifico, riprodotta – senza l’autorizzazione ed il consenso esplicito dell’avente diritto. Il codice civile, all’art. 2576, dispone che “Il titolo originario dell’acquisto del diritto di autore è costituito dalla creazione dell’opera, quale particolare espressione del lavoro intellettuale”. La l.d.a. sancisce, all’art. 1, che “Sono protette ai sensi di questa legge le opere dell’ingegno di carattere creativo che appartengono alla letteratura, alla musica, alle arti figurative, all’architettura, al teatro ed alla cinematografia, qualunque ne sia il modo o la forma di espressione. Sono altresì protetti i programmi per elaboratore come opere letterarie ai sensi della Convenzione di Berna sulla protezione delle opere letterarie ed artistiche ratificata e resa esecutiva con legge 20 giugno 1978, n. 399, nonché le banche di dati che per la scelta o la disposizione del materiale costituiscono una creazione intellettuale dell’autore”. L’art. 2 l.d.a., poi, contiene l’elenco delle opere protette. Le IA procedono “secondo modalità imitative dei meccanismi della mente umana e, in fase applicativa rendono possibile la pianificazione dei dati, la comprensione del linguaggio, il riconoscimento di oggetti e suoni, l’assimilazione e la risoluzione dei problemi scoperti dalla elaborazione delle informazioni fornite” [1]. Il significato di imitazione sopra richiamato riporta necessariamente al tema della riproduzione ed altresì del plagio delle opere creative. Vi sono quindi due macro tematiche relative alle IA. Qualora siano adoperati software controllati da input dell’autore o l’output realizzato subisca modifiche e/o selezioni di carattere creativo da parte di un uomo, lo schema consueto del diritto d’autore non subisce stravolgimenti. In difetto di qualsiasi contributo umano, all’opposto, sorgono ulteriori problematiche legate all’uso di queste IA prodotte “da agenti dotati di Intelligenza Artificiale di tipo neurale[2]. Nella maggior parte dei casi, almeno a tutt’oggi, l’IA nasce da un primo passaggio attuato dall’uomo che fornisce un input alla macchina, da una fase di elaborazione, una fase di svolgimento dei compiti richiesti e, da ultimo, di diffusione dei risultati. L’uomo, quindi, attraverso la sua presenza, approfondisce e discrimina i risultati cui è pervenuta l’IA.  I processi di indagine iniziano con l’uomo e la creatività si rinviene in linea generale nell’organizzazione del processo attraverso l’algoritmo che elaborerà il materiale immesso. L’autore, per il solo fatto della creazione è colui che diviene titolare dei diritti di sfruttamento della propria opera, secondo quanto disposto dalla l.d.a.. L’IA non può direttamente divenire titolare dei diritti, almeno sino ad oggi, e la dottrina si interroga sugli effettivi destinatari anche dei proventi derivanti dallo sfruttamento del risultato scaturito da una IA. Quella maggioritaria segue lo schema che il sistema di IA compone esso stesso l’opera, attraverso la quale il programmatore genera la “nuova Opera o Opera derivata” i cui  diritti di utilizzazione economica vengono assegnati, a titolo originario, al soggetto umano che ne diviene coautore[3]. Secondo la “Risoluzione del Parlamento europeo del 16 febbraio 2017 recante raccomandazioni alla Commissione concernenti norme di diritto civile sulla robotica (2015/2103 INL)”, che ha disegnato alcuni importanti precetti in materia, i robot non possono essere considerati responsabili in proprio per atti o omissioni che causano danni a terzi. Ne deriva che le norme esistenti in materia di responsabilità coprono i casi in cui la causa di un’azione o di un’omissione del robot o dell’IA può essere fatta risalire ad un determinato agente umano che avrebbe potuto prevedere ed evitare il comportamento nocivo del robot. Il secondo Considerando rileva che “l’umanità si trova ora sulla soglia di un’era nella quale robot, bot, androidi e altre manifestazioni dell’intelligenza artificiale sembrano sul punto di avviare una nuova rivoluzione industriale, suscettibile di toccare tutti gli strati sociali, rendendo imprescindibile che la legislazione ne consideri le implicazioni e le conseguenze legali ed etiche, senza ostacolare l’innovazione … è necessario creare una definizione generalmente accettata di robot e di intelligenza artificiale che sia flessibile e non ostacoli l’innovazione”. Il tema delle IA investe solennemente anche la questione legata alla riproduzione ed al plagio di opere altrui: “Il plagio consiste nell’attività di riproduzione totale o parziale degli elementi creativi di un’opera altrui, con usurpazione della paternità, così distinguendosi dalla contraffazione (che rappresenta, invece, lo sfruttamento dei diritti economici nascenti dall’opera senza il consenso dell’autore), e può realizzarsi in varie forme, potendo consistere sia in una riproduzione non creativa (totale o parziale) dell’opera originaria, attraverso un’elaborazione non originale, sia in una riproduzione creativa, ma in realtà abusiva, in quanto mascherata e coperta da un lavoro di ritaglio, di trasferimento o di modifica di elementi unicamente formali, volto a camuffare la non originalità del pensiero[4]. La riproduzione deve avere ad oggetto anche se parzialmente, parti significative dell’opera o comunque “parti autonome e ben individuate rispetto al tutto”. La legge sul diritto d’autore, come noto, non protegge l’idea ma la sua forma espressiva ove si estrinseca la personalità dell’autore. Ne deriva che per aversi il plagio o la contraffazione dell’opera dell’ingegno “è necessario che l’idea che trova sviluppo nell’opera sia la medesima, che ne sia omologo il modo concreto di realizzazione, che le opere presentino nei loro elementi essenziali sostanziali somiglianze e che l’autore del plagio si sia appropriato degli elementi creativi dell’opera altrui, ricalcando in modo pedissequo quanto da altri ideato ed espresso in forma determinata e identificabile[5]. Alla luce delle superiori premesse, emerge quindi l’evidente impossibilità di verificare con algoritmi o altri automatismi vari il plagio, occorrendo un’analisi sia qualitativa sia quantitativa, non sempre univoca, sulla base dei consolidati principi di diritto sul punto. Il tema delle IA pone poi una serie di problemi basilari legati alla paternità dell’opera e, pertanto, alla natura morale del diritto d’autore. I diritti morali sono i diritti esclusivi riconosciuti in favore dell’autore a tutela della sua personalità e sono esercitabili quando possa configurarsi un pregiudizio all’onore o alla reputazione dell’autore. Essi comprendono il diritto di decidere se e quando pubblicare l’opera, di rivendicarne la paternità e di opporsi a qualsiasi deformazione, mutilazione o altra modificazione e ad ogni atto a danno della stessa. Quali diritti inalienabili, imprescrittibili ed irrinunciabili, possono essere esercitati indipendentemente dai diritti patrimoniali e, dopo la morte dell’autore, possono essere rivendicati dal coniuge, dai discendenti e dagli ascendenti. Il diritto di paternità è quindi configurabile quale bene intimo ed inseparabile dal soggetto che ne è titolare e racchiuso nella sua sfera giuridica. Rientra indubitabilmente nel diritto morale d’autore il diritto di elaborazione dell’opera se possa essere di pregiudizio all’onore e alla reputazione dell’autore. Se l’autore è deceduto, quindi, spetta in generale ai congiunti il rispetto verso quell’aspetto della personalità del de cuius che si è oggettivata nell’opera dell’ingegno[6] ed a loro sono riconosciute le iniziative volte a reprimere gli attentati all’integrità dell’opera. L’analisi sin qui condotta porta concisamente a concludere che i diritti esclusivi spettanti all’autore di un’opera, espressamente elencati nella nostra legge speciale, ricomprendono, oltre al diritto di riproduzione, che qui interessa, anche il diritto esclusivo dell’autore di autorizzare le modificazioni, le trasformazioni e le elaborazioni della propria opera. Si chiarisce quindi che, anche in tema di IA, le elaborazioni delle opere che comportino piccole modifiche o rifacimenti integrali, anche in vista della creazione di nuove opere protette dalla l.d.a., devono essere autorizzate dall’autore dell’opera originaria o da colui che ha acquisito i diritti di sfruttamento, talché, in mancanza di autorizzazione, l’utilizzo dell’opera derivata è senza dubbio illecito. Naturalmente, nel pieno rispetto del diritto morale d’autore.

[1]  Il riferimento è tratto da Ubertazzi, AIDA, 2018

[2]  Ibidem

[3]  Ibidem

[4]  T. Roma, 11-01-2004

[5]  Trib. Roma , 21-10-2011 Soc. Reti Televisive It. C. RAI-TV

[6]  Greco e Vercellone 1974, 346