CORTE UE, RISPETTO DELLA DIRETTIVA COPYRIGHT

La Polonia ha chiesto l’annullamento dell’articolo 17 della direttiva Copyright, perché violerebbe «la libertà di espressione e d’informazione degli utenti», ma la Corte di giustizia dell’Ue ha bocciato il ricorso.

L’articolo in questione prescrive l’obbligo per le piattaforme online di controllare (con sistemi di filtraggio) ed evitare la pubblicazione di contenuti illeciti da parte degli utenti, un dovere conforme al diritto europeo. Inoltre, il legislatore europeo ha previsto una serie di garanzie, tra cui nessuna limitazione al caricamento dei contenuti leciti e nessuna censura alle parodie. Secondo la Corte, quindi, l’articolo 17 è espressione del «giusto equilibrio tra il diritto alla libertà di espressione e d’informazione, da un lato, e il diritto di proprietà intellettuale, dall’altro».

La Direttiva Copyright rappresenta un passo in avanti nel quadro giuridico della UE in materia di diritto d’autore, perché il contesto di fruizione dei contenuti è cambiato considerevolmente e questo ha introdotto la necessità di aggiornare le norme sul diritto d’autore, per adattarle alle modalità di accesso online. Il provvedimento europeo, quindi, crea un quadro di norme trasparenti e adeguate all’era digitale, di cui i titolari dei diritti, gli editori, i prestatori di servizi e gli utenti possono beneficiare. L’Italia ha recepito tale direttiva con il d.lgs. 8 novembre 2021, n. 177.

Lo schema di decreto legislativo adottato nel recepire la Direttiva europea prevede che le piattaforme online, social network inclusi, debbano ottenere un’autorizzazione da parte dei titolari dei diritti quando concedono l’accesso a opere protette dal diritto d’autore caricate dagli utenti. Da questo vengono escluse le enciclopedie online, i repertori didattici e scientifici, i prestatori di mercati online e i servizi cloud.

La Direttiva tutela anche il diritto d’autore per le pubblicazioni giornalistiche online. Gli editori hanno la possibilità di negoziare accordi con i prestatori di servizi delle società dell’informazione, le società di monitoraggio media e le rassegne stampa con l’obiettivo di vedersi riconosciuta un’equa remunerazione per l’utilizzo dei propri contenuti. Gli autori di contenuti giornalistici hanno il diritto di ricevere una quota dei proventi attribuiti agli editori. Tuttavia il diritto non è riconosciuto né in caso di utilizzi privati o non commerciali di pubblicazioni giornalistiche da parte di singoli utilizzatori, né in caso di collegamenti ipertestuali o di utilizzo di singole parole o di estratti molto brevi. Spetta all’AGCOM l’adozione di un regolamento che individui i criteri per la determinazione dell’equo compenso e orienti la negoziazione tra le parti.

Vige l’obbligo di trasparenza. Autori, artisti interpreti ed esecutori devono essere regolarmente informati riguardo lo sfruttamento delle loro opere da parte dei soggetti cui hanno concesso in licenza o trasferito i diritti. La mancata comunicazione di tali informazioni comporta, a carico del soggetto inadempiente, l’applicazione di una sanzione amministrativa pecuniaria fino all’1% del fatturato.

È presente l’istituzione di un meccanismo di adeguamento contrattuale, per cui gli autori e gli artisti (interpreti o esecutori) possono pretendere una remunerazione ulteriore nel momento in cui quella concordata inizialmente risulti sproporzionatamente bassa rispetto ai proventi. Autore e artista, inoltre, hanno il diritto di revocare la licenza esclusiva di sfruttamento in caso di mancato sfruttamento.

La Direttiva, infine, prevede un’estensione delle tutele perché assicura i diritti anche alle nuove figure professionali, come per esempio il direttore del doppiaggio e l’adattatore dei dialoghi. Gli spettacoli in streaming, quindi, vengono considerati come equiparabili a opere audiovisive per quanto riguarda la tutela dei diritti.