L’avvocato Antonio De Angelis, Presidente di Aiga (Associazione italiana giovani avvocati), ha risposto ad alcune domande per il nostro portale circa gli effetti e i cambiamenti prodotti dall’emergenza coronavirus sui giovani avvocati italiani, e su come la digitalizzazione e un approccio manageriale possano migliorare la giustizia italiana.
Che effetti ha prodotto la pandemia e in particolare il lockdown sui giovani avvocati?
La pandemia ha anzitutto aggravato la condizione economica dei giovani avvocati, già provata da anni di forte crisi. La sospensione forzata delle attività giudiziali ha portato ad una contrazione del fatturato, ad un sostanziale “azzeramento” di nuove pratiche. Purtroppo, a distanza di 3 mesi dalla fine della c.d. fase 1, non sembra che la situazione volga ad un miglioramento.
Che ruolo ha avuto la digitalizzazione delle attività nel loro lavoro quotidiano?
La digitalizzazione è sicuramente una novità importante degli ultimi anni. La telematizzazione di alcuni processi (civile, amministrativo, tributario) ha consentito lo svolgimento di alcune attività anche nel periodo della emergenza sanitaria.
E ‘assolutamente necessario procedere anche alla telematizzazione del processo penale e del processo dinnanzi al Giudice di Pace.
La richiesta che AIGA ha da sempre formulato al Ministero della Giustizia è quella di una unica piattaforma per tutti i processi telematici, così da semplificare le attività di telematizzazione e ridurre i costi.
Proposte per migliorare e rendere più efficiente e spedita la giustizia italiana?
Tante sono state, negli ultimi anni, le ipotesi di riforma della giustizia, ed in particolare dei processi civili e penali.
L’AIGA ritiene però che, per rendere più efficiente e spedita la giustizia non si possano continuare a prevedere riforme “a costo zero”. Per dare una effettiva svolta alla giustizia italiana occorre un serio piano di investimenti, anzitutto sulla digitalizzazione.
Occorre inoltre rivedere l’organizzazione dei singoli Tribunali, oggi affidata a Magistrati, che comprensibilmente non hanno alcuna competenza organizzativa. L’AIGA propone da tempo la figura del “manager del Tribunale”, che possa gestire la complessa macchina organizzativa di un Ufficio Giudiziario tenendo conto della efficienza e della speditezza.
Proposte per migliorare i percorsi formativi delle nuove leve del mondo legale?
Il progetto della “Scuole Forensi” non è mai decollato. Occorre rendere obbligatorie le scuole forensi, così da favorire una formazione effettiva a chi svolge la pratica forense. Le scuole forensi devono essere accessibili a tutti, quindi con costi molto contenuti, e devono prevedere anche delle prove intermedie obbligatorie. In questo modo anche l’esame di abilitazione, che pure deve essere riformato in radice, non sarà più quel “terno al lotto” che è oggi. Oltre ciò, riteniamo che la formazione dei giovani avvocati debba essere sempre più specialistica. Le specializzazioni , che dovrebbero finalmente partire nel giro di pochi mesi, costituiscono il futuro della nostra professione, soprattutto per i più giovani.
Può descrivere qualche iniziativa presa da AIGA in questi mesi?
L’AIGA in questi mesi è stata particolarmente attiva. Basti pensare che siamo stati i primi a chiedere al Ministro, a fine febbraio, una sospensione delle attività d’udienza al fine di evitare che i Tribunali diventassero un luogo di elevato contagio. Abbiamo dovuto combattere con un Governo che, soprattutto nella prima fase, non aveva colto le drammatiche conseguenze che il lockdown avrebbe provocato sui liberi professionisti (inizialmente esclusi da qualsiasi incentivo, incluso il bonus da 600 euro poi riconosciuto). Abbiamo cercato con proposte, iniziative mai demagogiche e sempre costruttive, di “tamponare” la situazione, ma anche di individuare le opportunità di rilancio e di modernizzazione della professione forense.