Un anno di emergenza sanitaria: come sono cambiati i volti delle povertà

Sono dati che raccontano storie e volti, percorsi e nuove forme di povertà, quelli che abitano il Report 2020 “In Bilico! L’emergenza raccontata dai Centri di Ascolto Caritas”; un documento trasversale, messo a punto dalla Caritas Diocesana di Potenza, Muro Lucano e Marsico Nuovo. Il Rapporto è stato curato da Carmen Tito, Giorgia Russo, Salvatore Gerardi, Rosario Privenzano. S.E. Mons. Salvatore Ligorio, Arcivescovo Metropolita della Diocesi di Potenza, ha accolto, in un confronto pubblico proprio sul tema, l’équipe diocesana, il governatore della Regione Basilicata, Vito Bardi e i sindaci del territorio diocesano.

 

 

«“Quella che stiamo vivendo non è semplicemente un’epoca di cambiamenti, ma un cambiamento d’epoca”, le parole di Papa Francesco cristallizzano la dinamica di totale capovolgimento che un anno di pandemia ha apportato sull’intero tessuto sociale, culturale ed economico»- si legge nella premessa.

«Non abbiamo inteso scattare un’istantanea di una porzione di territorio o semplicemente descriverne le vulnerabilità, ma piuttosto abbiamo tentato di delineare l’itinerario di un viaggio nell’emergenza e dei suoi differenti sviluppi nel tempo. La pandemia ha portato alla luce una declinazione totalmente differente di fenomeni come l’impoverimento e la povertà. Di conseguenza, l’analisi di cifre e dati intende rappresentare un’occasione per lasciarsi interrogare dalle sfide che questo tempo di cambiamenti impone. L’obiettivo primario resta quello di sostenere spazi di pensiero per riprogrammare, o meglio, reinventare azioni di prossimità, capaci di rendere sostenibile la ripartenza, per eludere il rischio che la crisi diventi una sorta di gara tra fragilità, mettendo inconsapevolmente a confronto vulnerabilità vecchie e nuove. Solo con uno sguardo inedito, infatti, sarà possibile co – costruire processi di sussidiarietà vera a partire dalle urgenze, piuttosto che occupare semplicemente spazi come risultato della somma passiva delle prestazioni benefiche attivate»- ha spiegato, Giorgia Russo, responsabile Promozione Umana della Caritas.

L’andamento della crisi sociale.

Risulta estremamente complesso restituire, in cifre, le peculiarità che l’emergenza ha evidenziato, sul tessuto sociale della diocesi. La progressione della crisi non ha seguito un andamento univoco sull’intero territorio: i bisogni più diversificati si sono manifestati sotto forma di vere e proprie “ondate”. L’effetto dirompente è testimoniato dall’incremento delle richieste di aiuto, pervenute nei Centri di Ascolto della diocesi: il 101,7% in più rispetto allo scorso anno. Oltre la metà delle persone incontrate, non si era mai rivolta alla Caritas (il 51,9%); nel 2020 sono state ascoltate e sostenute, a vario titolo, 2474 famiglie.

Uomini e giovani chiedono aiuto.

Si è registrato l’incremento degli uomini che richiedono un sostegno, ad oggi sono il 52,6%. Si capovolge così un assunto storico all’interno dei Centri di Ascolto: la tradizionale “barriera” di reticenza che, in passato, ha sempre scoraggiato la figura maschile, nell’esplicitare una richiesta di sostegno.  Un dato rilevante è l’abbassamento dell’età media delle persone incontrate: aumentano notevolmente i giovani tra i 25 e i 34 anni che ad oggi sono il 10,4% (nel 2019 il 7,4%) e quelli tra i 35 e 44 anni, di fatto la fascia di età maggiormente in sofferenza (dal 19,1% del 2019 al 23,9% del 2020).

La scossa nel mondo del lavoro: la zona “grigia”.

Come prevedibile, l’emergenza ha inciso profondamente sulla sfera lavorativa e non più solo sugli ambiti di bisogno che le Caritas erano abituate a intercettare (abbandono scolastico, marginalità, problemi correlati a dipendenze, trasmissione generazionale della povertà). Non è un caso, infatti, che tra le persone incontrate nel 2020, solo il 47% è disoccupato, due anni fa la percentuale superava il 70%. Le categorie maggiormente in affanno sono quelle della ristorazione, dei servizi e del commercio al dettaglio: un vero e proprio esercito di commessi, camerieri, personale impegnato nella refezione scolastica, operai che in attesa della cassa integrazione, hanno visto crollare la loro capacità di far fronte a spese basilari. Ancora più complessa è stata la situazione di molte partite iva, impiegate nel settore dei servizi. Al termine del lockdown invece, la categoria maggiormente in sofferenza è stata quella dei commercianti. È emersa una vera e propria “zona grigia”: la somma di centinaia di storie occupazionali intermittenti, in bilico tra il precariato e il lavoro nero, percorsi lavorativi accidentati, fatti di sottoccupazione e forme contrattuali inadeguate. Il 4,8% delle persone ascoltate è laureato, il 27,6% ha conseguito il diploma e la percentuale di persone con la licenza media inferiore è del 56% (crolla rispetto alla media del triennio di circa 15 punti percentuali). Accanto alle famiglie con specifici deficit formativi, da sempre in carico alla rete dei Centri di Ascolto, oggi arrivano nelle Caritas anche persone che mai prima della pandemia avrebbero richiesto un aiuto. Sembra impossibile riuscire a spiegare come il tessuto sociale di un’intera comunità si sia sgretolato in pochissimi mesi, la povertà ha letteralmente aggredito tutti i fattori di protezione sociale. Il 51,9% delle persone ascoltate nel 2020, non si era mai rivolto alla Caritas in precedenza: il 90,6% delle persone che si sono rivolte per la prima volta alla Caritas, lo ha fatto per problemi occupazionali, legati alle chiusure indotte dall’emergenza.

Come riprogrammare il futuro?

Il perdurare di fragilità multiple, che hanno interessato l’intera comunità, sta inducendo a una sorta di assuefazione alla precarietà che impedisce di guardare al futuro. Un anno di pandemia ha sovvertito metodologie, prassi e modalità di incontro e accompagnamento. Tra le possibili strade da percorrere, sarà indispensabile non tralasciare specifiche “attenzioni”: aprire spazi di pensiero per ridisegnare contesti e luoghi di servizio e trovare così, nuovi approdi di accoglienza e relazione, capaci di valicare la sola prestazione assistenziale e riparativa ma al contrario, valorizzando potenzialità e risorse in un’ottica orizzontale; imparare a rimettere al centro la comunità, ricercando nuove modalità di animazione e intervento, con lo scopo di non lasciare indietro nessuno, ma soprattutto per restituire a essa il mandato della sussidiarietà e della responsabilità condivisa; immaginare nuove forme di scambio e interazione con il territorio e le istituzioni, con l’obiettivo di concretizzare forme di dialogo sussidiario, ponendo lo sguardo sull’interconnessione di competenze, come valore aggiunto verso la costruzione di visioni nuove e inedite.