Aldo Maria Valli, giornalista e saggista italiano, ha appena dato alle stampe un volume dal titolo “Virus e Leviatano” (ed.Liberilibri). <Durante la pandemia –scrive l’ex vaticanista della Rai, da poco in pensione- abbiamo vissuto una forma di dispotismo condiviso e terapeutico. Le funzioni di governo sono state esercitate attraverso decretazioni del Presidente del consiglio che il Paese tutto, insieme alla Chiesa, ha accettato passivamente. Gli editti statali hanno assunto valore quasi religioso. La Salute è stata assolutizzata. L’informazione ha spesso alimentato la paura invece di razionalizzarla e la libertà ne ha sofferto. Chi può assicurarci che ciò non si ripeterà e che lo stato d’emergenza, sostituito allo Stato di diritto, non possa essere istituzionalizzato?>. In questa intervista abbiamo approfondito i temi del volume con l’autore.
Perché ha deciso di scrivere questo libro?
Durante il primo lockdown, man mano che le nostre libertà fondamentali venivano sempre più negate a colpi di decreti del Presidente del consiglio, ho incominciato a interrogarmi su quanto stava succedendo al nostro sistema politico, e soprattutto sul fatto che il parlamento era del tutto esautorato. Mi è sembrato un precedente grave. Chi ci si assicura che lo stato di emergenza, magari prendendo a pretesto ancora la salute pubblica, non possa essere istituzionalizzato, così da legittimare forme crescenti di dispotismo? Sono anche rimasto sorpreso dall’acquiescenza dell’opinione pubblica e, in generale, della cosiddetta società civile. Pochissime le voci che si sono levate per contestare la linea scelta dal governo. Anzi, la narrativa dominante ha sostenuto in pieno questa linea e ne è diventata l’alleato indispensabile.
A proposito del Covid esiste una linea virtuosa tra catastrofismo allarmista e negazionismo?
Certamente sì, ed è la linea del buon senso. Non si tratta certamente di negare l’esistenza del virus, ma di rispondere con le misure adeguate sul piano sanitario e sociale senza pagare un prezzo spropositato in termini economici, di occupazione e, direi, anche mentali. Purtroppo, la politica del lockdown non è stata quella del buon senso e della ragione, e dunque delle misure articolate e coordinate, a beneficio in particolare delle categorie più a rischio. È stata invece la linea della chiusura indiscriminata: una sorta di fuga precipitosa. Una linea che, per poter essere applicata, ha dovuto appoggiarsi su una narrativa adeguata, tutta incentrata sulla diffusione del terrore. E da questo punto di vista occorre dire che il sistema dei mass media ha offerto uno spettacolo veramente negativo. Ha trionfato il sensazionalismo. Si è soffiato sul fuoco della paura.
Lei si reputa un complottista? Che regia immagina dietro la pandemia? Cui prodest questo allarmismo mondiale?
Ho studiato scienze politiche alla Cattolica di Milano quando preside della facoltà era il professor Gianfranco Miglio. Con lui ho sostenuto gli esami di scienza della politica e storia delle dottrine politiche. Nel suo realismo quasi brutale Miglio ci insegnava che il gioco del potere ha un solo fine: massimizzare il potere stesso. I valori sono solo cappelli colorati che vengono posti sopra le manovre di potere. All’epoca non si parlava di complottismo, ma ho imparato che il potere, nelle sue diverse forme, è sempre all’opera con il fine di cui sopra e strategie sempre più sofisticate. Se questo fa di me un complottista, non ho nessun problema ad ammetterlo. Ci sono “santuari del potere” (così li definisco) nei quali i rappresentanti di enormi interessi stabiliscono alcune linee e anche le strategie per realizzarle. Parlo di santuari sovranazionali, che stanno ben al di sopra dei singoli Stati e dei singoli governi. Se lei mi chiede chi ci guadagna, rispondo che basta guardare i dati. Certamente la Cina ci sta guadagnando, ma non è la sola. Anche i super-ricchi, a partire da Jeff Bezos e Bill Gates, sono sempre più ricchi, mentre tantissima gente si sta impoverendo a ritmi drammatici. Si accresce il potere delle oligarchie, i sistemi rappresentativi sono in sofferenza e visti quasi come un lusso superfluo, gli squilibri aumentano, la capacità di pensare autonomamente e di informarsi liberamente sono messe sempre più a repentaglio.
Nota differenze tra l’Italia e gli altri Stati del mondo per quanto riguarda la gestione dell’emergenza pandemica?
Le differenze ci sono certamente state, ma non è questo l’argomento del mio saggio, che si concentra invece sul caso italiano e sulla nascita di quello che ho definito un dispotismo statalista, condiviso e terapeutico, con la Salute come valore assoluto, il governo nel ruolo di grande medico, i cittadini trasformati in malati e la nazione in un ospedale. La logica della rappresentanza politica è saltata e al suo posto ecco un rapporto tipo medico-paziente, chiaramente asimmetrico, a tutto favore del governo.
Si notano crescenti segnali di disagio nelle società, soprattutto quelle occidentali, che appaiono sempre più frammentate e dominate da tensioni laceranti. Che cosa prevede a breve sul piano degli assetti sociali e istituzionali?
Non sono in grado di fare previsioni. Quella che vedo è una crescente polarizzazione (si pensi anche alla situazione negli Stati Uniti) tra visioni del mondo che non solo non coincidono ma appaiono completamente inconciliabili. Non siamo al semplice livello di differenze politiche: siamo di fronte, verrebbe da dire, ad antropologie diverse e contrapposte. L’uso dei social sicuramente ha un ruolo decisivo in questo processo. Si tratta infatti di strumenti che tendono ad accrescere la polarizzazione confermando i gruppi nelle loro posizioni e ponendoli in un totale contrasto reciproco. Il rischio di forti conflitti sociali, specie in presenza di una perdurante crisi economica e occupazionale, mi sembra reale.
Leviatano, dispotismo, dittatura: non crede che si tratti di termini forti? Chi li usa di solito viene tacciato di negazionismo e di mancanza di rispetto verso i morti di Covid.
Proprio nelle prime righe del mio saggio Virus e Leviatano, per sgombrare il campo da ogni equivoco, dico che il virus c’è, è insidioso e provoca morte e sofferenza. Sul piano della filosofia politica, tuttavia, non posso ignorare che abbiamo di fatto smesso di vivere in un sistema democratico liberale di stampo parlamentare e abbiamo fatto ingresso in una forma di dispotismo che, ignorando le garanzie costituzionali, ha soppresso, in modo secondo me folle, le libertà fondamentali e calpestato la Costituzione fin dal primo articolo, nel quale si dice che la nostra è una repubblica fondata sul lavoro e che la sovranità appartiene al popolo. Si tratta, ripeto, di un precedente pericoloso, sul quale varrebbe la pena di riflettere. Ma, tranne rare eccezioni, sembra che siamo stati cloroformizzati.